ISSN 2970-2321

Cette fiche a été rédigée dans le cadre du projet d’Atlas encyclopédique des Petites Iles de Méditerranée, porté par le Conservatoire du Littoral, l’Initiative PIM, et leurs nombreux partenaires.
This sheet has been written as part of the encyclopedic Atlas of the Small Mediterranean Islands project, carried out by the Conservatoire du Littoral, the PIM Initiative and their numerous partners.
(https://pimatlas.org)

ILES

Cluster : Arcipelago di La Maddalena

Sottobacino : SARDINIA

Isola Spargi

Collaboratori : Claudia Corti e Antonella Gaio

Data di creazione : 3 Aprile 2018

Per citare questa versione :  CORTI, C., GAIO, A. (2018). Foglio dell’isola : Isola Spargi – Sottobacino : Sardegna. Atlas of Small Mediterranean Islands. https://pimatlas.org/explorer-atlas/iles/isola-spargi/

Comune La Maddalena
Arcipelago Arcipelago di La Maddalena
Superficie (ha) 423,556
Linea costiera (metri) 12650
Distanza dalla costa (miglia nautiche) 1
Altitudine massima (metro) 153
Coordinate geografiche Latitudine 41,2410174239409
Longitudine 9,34562783991056
Proprietà della terra /
Organismo di gestione Ente Parco Nazionale La Maddalena
Stato di protezione nazionale /
internazionale /

Descrizione


L’Isola di Spargi fa parte dell’Arcipelago di La Maddalena (Sardegna Nord-orientale), ha forma arrotondata (larghezza massima circa 2.800 m) e un’estensione di circa 424 ettari. Il rilievo più alto è Guardia dei Preposti (153 m s.l.m.) e la costa rocciosa e frastagliata che si estende per circa 13 km, presenta sui versanti orientale e meridionale delle baie caratterizzate da fine sabbia bianca e dune ricche di vegetazione mediterranea. I venti dominanti spirano dal quarto quadrante e possono raggiungere intensità notevole. Il substrato è formato da intrusioni granitiche con alcune differenziazioni medio-basiche a chimismo grano-dioritico (Bocchieri, 1996); laddove le aree depresse presentano accumuli di suolo viene favorito l’insediamento della vegetazione. Spargi dista circa 1700 m dall’Isola Maddalena (a est) e circa 700 m dal vicino Isolotto Spargiotto (a ovest) nonché circa 2300 m dalla costa dell’Isola principale (a sud). Nel suo insieme si presenta accidentata e poco acclive, particolarmente nella sua porzione meridionale che è separata da quella settentrionale da una valle che unisce Cala Canniccio a nord est con Cala d’Alga a sud ovest. La porzione settentrionale presenta a occidente una zona relativamente pianeggiante utilizzata in passato per il pascolo e l’agricoltura. L’Isola è in genere disabitata ad eccezione dei mesi estivi.

Conoscenza


Interessi


Dal punto di vista floristico, sull’Isola Piana sono presenti alcuni endemismi sardi che, oltre ad essere documentati per la vicina Asinara, sono abbastanza diffusi in altre isole parasarde. In particolare questi sono: Limonium acutifolium subsp. acutifolium, Erodium corsicum, Stachys glutinosa, Genista corsica, Pancratium illyricum, Bellium bellidioides e Helichrysum microphyllum subsp. tyrrhenicum. Il taxon vascolare endemico di maggior interesse è senza dubbio il fiordaliso spinoso (Centaurea horrida), specie esclusiva della Sardegna settentrionale, presente in poche località prossime o all’interno dei cluster “Arcipelago dell’Asinara” e “Isole Tavolarine”.

Tra gli uccelli, si segnala l’importante presenza del gabbiano corallino (Larus melanocephalus), che costituisce l’unica popolazione nidificante in tutta la Sardegna (Bocchieri, 1999); tra i rettili invece quella di Testudo hermanni, Tarentola mauritanica, Euleptes europaea, Podarcis tiliguerta, Chalcides ocellatus e Hierophis viridflavus, mentre fra gli anfibi quella del rospo smeraldino (Bufo balearicus) (Corti et al., 2006).

Particolarmente di rilevo è la ricchezza in biodiversità dell’Isola; nonostante la presenza di strutture militari dismesse risalenti alla seconda guerra mondiale e il turismo estivo che gremisce le rinomate spiagge al riparo dai venti dominanti, Spargi si presenta poco edificata e mantiene un alto grado di naturalità. 

Il paesaggio vegetale è caratterizzato: dalla macchia mediterranea, che in prossimità dei corsi d’acqua – modesti e di natura temporanea –  diventa ad alto fusto e quasi impenetrabile; dagli ambienti dunali, che annoverano diverse specie endemiche; dalla gariga costiera con le tipiche formazioni cespugliose. Fa eccezione una piccola area al centro dell’isola in cui sono ancora rilevabili segni di vecchi coltivi a grano, olivo e ortaggi risalenti ai primi dell’ottocento. Sono ben rappresentati i seguenti habitat di direttiva 92/43/CEE: 1170 Scogliere; 1240 Scogliere con vegetazione delle coste mediterranee con Limonium spp. Endemici; 2210 Dune fisse del litorale; 2250* Dune costiere a Juniperus spp.; 5210 Matorral arborescenti a Juniperus spp.; 5320 Formazioni basse di euforbie vicino alle scogliere; 5430 Phrygane endemiche dell’Euphorbio–Verbascion; 6220* Percorsi substeppici di graminacee e piante annue dei TheroBrachypodietea; 9320 Foreste di Olea e Ceratonia. Spesso 5210, 5430 e 9320 formano mosaici con 6220*. L’habitat relitto 2250, prioritario, è ben rappresentato a Cala Granara. La flora di quest’isola risulta essere molto varia e il numero di specie endemiche è relativamente elevato (oltre il 5%), le terofite costituiscono la forma biologica dominante. Le entità esclusive della Sardegna e Corsica che rappresentano la componente floristica di maggior pregio sono: Allium parciflorum, Borago pygmaea, Buphthalmum inuloides, Artemisia densiflora, Filago tyrrhenica, Genista corsica, Helichrysum microphyllum subsp. tyrrhenicum, Limonium acutifolium, Limonium contortirameum, Nananthea perpusilla, Scrophularia trifoliata, Silene valsecchiae e Verbascum conocarpum subsp. conocarpum. Tra i numerosi taxa vegetali d’interesse fitogeografico presenti a Spargi, sono degni di menzione Armeria pungens, Bellium bellidioides, Brimeura fastigiata, Crocus minimus, Colchicum corsicum, Delphinium pictum subsp. pictum, Helicodiceros muscivorus, Scrophularia ramosissima, Arenaria balearica, Aristolochia tyrrhena, Serapias nurrica, Stachys glutinosa, Baldellia ranunculoides, Carduus cephalanthus, Ephedra distachya subsp. distachya, Gennaria diphylla, Pancratium illyricum. In particolare, Ephedra distachya e Armeria pungens sono presenti nelle altre isole con qualche esemplare della prima a Razzoli e poche entità della seconda a Punta Marginetto nell’Isola de La Maddalena e a Caprera.

La superficie relativamente grande di Spargi, la varietà di habitat e la presenza di stagni temporanei, ha permesso la presenza di una fauna relativamente ricca. Le ricerche faunistiche fino ad oggi svolte sull’Isola hanno rilevato la presenza delle seguenti specie di vertebrati: tragli anfibi il discoglosso sardo (Discoglossus sardus), il rospo smeraldino (Bufo balearicus) e la raganella sarda (Hyla sarda); per i rettili il tarantolino (Euleptes europaea), il geco comune (Tarentola mauritanica), il gongilo (Chalcides ocellatus), il biacco (Hierophios viridiflavus) e le tre specie endemiche di lacertidi, l’algiroide nano (Algyroides fitzingeri), la lucertola di Bedriaga (Archaeolacerta bedriagae) e la lucertola tirrenica (Podarcis tiliguerta) (Poggesi et al., 1996; Corti et al., 2006). Fra i diversi uccelli presenti sull’Isola si ricordano in particolare il piccione selvatico (Columba livia), la cornacchia grigia (Corvus cornix), il gabbiano corso (Ichthyaetus audouinii), il gabbiano reale zampegialle (Larus michahellis), il marangone dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis), la rondine montana (Ptyonoprogne rupestris), la sterna comune (Sterna hirundo); per i mammiferi è stata rilevata la presenza di alcune specie di chirotteri fra le quali si ricordano il pipistrello nano (Pipistrellus pipistrellus), il pipistrello di Savi (Hypsugo savii) e il molosso di Cestoni (Tadarida teniotis) (Mucedda et al., 2015); sull’Isola sono inoltre presenti il coniglio selvatico (Oryctolagus cuniculus) e il ratto nero (Rattus rattus).

Pressioni


Cala Corsara, Picciau Rosangela

Data la ricchezza delle specie presenti su Spargi, è importante mantenere tutte le misure adottate dal Parco per la salvaguardia dell’ambiente naturale. Può infatti essere interdetto, in particolare nel periodo riproduttivo delle diverse specie, l’accesso ad alcune aree sia terrestri sia marine dell’Isola. È inoltre importante tener presente che l’introduzione di specie competitrici e predatrici, non facenti parte della fauna autoctona dell’Isola, potrebbe irreparabilmente condurre all’estinzione delle specie autoctone.

Gestione / conservazione


L’Isola di Spargi fa parte del Parco Nazionale dell’Arcipelago di La Maddalena, nonché del Sito di Interesse Comunitario incluso nel SIC ITB010008 Arcipelago La Maddalena che copre una superficie di 21.004 ettari.

Riferimenti


  1. Arrigoni V. & Bocchieri E., 1996. Caratteri fitogeografici della flora delle piccole isole circumsarde. Biogeographia, 18: 63-90.

  2. Biondi E. & Bagella S., 2005. Vegetazione e paesaggio vegetale dell’arcipelago di La Maddalena (Sardegna nord-orientale). Fitosociologia, 42: 3-99.
  3. Biondi M., Daccordi M., Poggi R. & Regalin R., 1996. I Coleoptera Chrysomelidae delle isole circumsarde: considerazioni zoogeografiche ed ecologiche. Biogeographia, 18: 485-505.
  4. Bocchieri E., 1996. L’esplorazione botanica e le principali conoscenze sulla flora dell’arcipelago della Maddalena (Sardegna nord-orientale). Rendiconti Seminario Facoltà Scienze Università Cagliari, 66: 1-305.
  5. Carpaneto G.M. & Piattella E., 1996. Osservazioni zoogeografiche sui Coleotteri Scarabeoidei delle piccole isole circumsarde. Biogeographia, 18: 441-454.
  6. Cobolli M., Licarelli M. & Sbordoni V., 1996. Le Farfalle diurne delle piccole isole circumsarde. Biogeographia, 18: 569-582.
  7. Corti C., Lo Cascio P. & Razzetti E., 2006. Erpetofauna delle isole italiane (pp. 613-643). In: Sindaco R., Doria G., Razzetti E., Bernini F. (eds), Atlante degli Anfibi e dei Rettili d’Italia / Atlas of Italian Amphibians and Reptiles. Societas Herpetologica Italica, Edizioni Polistampa, Firenze, 792 pp.
  8. Mucedda M., Pidinchedda E. & Bertelli M.L. 2015. Note sui pipistrelli nelle piccole isole della Sardegna. In: Mucedda M., Roscioni F., Preatoni D.G. (Eds.) III Convegno Italiano sui Chirotteri, Trento, 9-11 ottobre. Gruppo Italiano Ricerca Chirotteri – Associazione Teriologica Italiana. pp. 20-25.
  9. Penati F., 2009. An updated catalogue of the Histeridae (Coleoptera) of Sardinia, with faunistic, zoogeographical, ecological and conservation remarks. Zootaxa, 2318: 197-280.
  10. Pierotti H., 2011. Contributi al riordinamento sistematico dei Peritelini W-paleartici. VIII. Revisione delle specie europee del genere Heteromeira Solari, 1955 (Coleoptera, Curculionidae, Entiminae). Bulletin de la Société entomologique de France, 116: 195-239.
  11. Poggesi M., Agnelli P., Borri M., Corti. C., Finotello P. L., Lanza B. & Tosini G., 1996. Erpetologia delle isole circumsarde. Biogeographia, 18 [1995] : 583-618.
  12. Trainito E., 2009. Biodiversità 2010. Provincia di Olbia, habitat e specie. Assessorato all’Ambiente Provincia Olbia Tempio, Taphros, 312 pp.
  13. Utzeri C. & Cobolli M., 1996. Alcune considerazioni sul popolamento a Odonati delle piccole isole circumsarde. Biogeographia, 18: 377-383.
  14. Vigna Taglianti A., 2011. I Dermatteri di Sardegna (Dermaptera). Conservazione Habitat Invertebrati, 5: 269-285.

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ISSN 2970-2321

Cette fiche a été rédigée dans le cadre du projet d’Atlas encyclopédique des Petites Iles de Méditerranée, porté par le Conservatoire du Littoral, l’Initiative PIM, et leurs nombreux partenaires.
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ILES

Cluster : Arcipelago di La Maddalena

Sottobacino : SARDINIA

Isola Rossa di Trinità d’Agultu

Collaboratori : Claudia Corti

Data di creazione : 3 Aprile 2018

Per citare questa versione :  CORTI, C. (2018). Foglio dell’isola : Isola Rossa di Trinità d’Agultu – Sottobacino : Sardegna. Atlas of Small Mediterranean Islands. https://pimatlas.org/explorer-atlas/iles/isola-rossa-di-trinita-dagultu/

Comune Trinità d’Agultu
Arcipelago Arcipelago di La Maddalena
Superficie (ha) 6,36269
Linea costiera (metri) 1406
Distanza dalla costa (miglia nautiche)
Altitudine massima (metro) 29
Coordinate geografiche Latitudine 41,0140767844
Longitudine 8,8631387856
Proprietà della terra /
Organismo di gestione /
Stato di protezione nazionale /
internazionale /

Descrizione


L’Isola Rossa di Trinità d’Agultu è situata lungo la costa settentrionale della Sardegna nel territorio comunale di Trinità d’Agultu e Vignola in Provincia Sassari, dista circa 500 metri dalla costa ovvero dall’omonimo paese (Isola Rossa) che da essa trae il nome. L’isola presenta una forma sub-triangolare e copre un’area di circa 6 ettari, è lunga circa 450 metri ed è alta 29 m s.l.m. (Bocchieri & Iiriti, 2002). Al suo estremo meridionale si trova un isolotto separato da un braccio di mare di circa soli 6 metri mentre, sia a ovest che a ovest-nord-ovest, si trovano degli scogli caratterizzati dalla stessa litologia dell’Isola Rossa e che da essa distano circa 120-130 m; essi vengono dilavati dal moto ondoso e dalla marea e pertanto non presentano vegetazione. L’Isola Rossa di Trinità d’Agultu è costituita da leucograniti risalenti alla fase tardo-ercinica ed è geologicamente riferibile al “Complesso granitoide della Gallura” che presenta la colorazione rossastra dalla quale, peraltro, origina il toponimo di quest’isola. La scarsità di suolo che la caratterizza è dovuta alla forte azione eolica; i venti dominanti sono quelli del quarto quadrante. Il tipo di bioclima nel quale si colloca l’isola è di tipo termomediterraneo con ombrotipo secco (Bocchieri & Iiriti, 2002).

Conoscenza


La flora dell’Isola è tipicamente mediterranea in quanto comprende un’alta percentuale di terofite di cui circa il 60% annovera specie mediterranee, fra queste, tutt’oggi, domina la Lavatera arborea come già osservato da Bocchieri & Iiriti (2002), a differenza di quanto invece segnalato da Desole (1954) che non riporta la presenza della malva maggiore per l’isola. Nell’accurato lavoro di Desole (1954) viene inoltre segnalata la presenza di numerose piante successivamente non ritrovate da Bocchieri & Iiriti (2002), fatto da cui si evince il notevole cambiamento della composizione floristica avvenuto sull’Isola in un arco di tempo relativamente breve, un fenomeno peraltro già osservato per altre piccole isole. L’Isola Rossa annovera 40 taxa (Bocchieri & Iiriti, 2002) fra i quali si ricordano due specie esclusive delle coste del nord Sardegna, la statice di Viniola (Limonium viniolae) e soprattutto la buglossa marittima (Anchusa crispa subsp. maritima), inserita nella lista dei taxa maggiormente minacciati delle isole del Mediterraneo (Montmollin & Strahm 2005).

Per quanto concerne la fauna; per i vertebrati è stata riscontrata la presenza della berta maggiore (Calonectris diomedea), del piccione selvatico (Columba livia), della cornacchia grigia (Corvus cornix), della taccola (Corvus monedula), della garzetta (Egretta garzetta), del gabbiano corso (Ichthyaetus audouinii), del gabbiano reale zampegialle (Larus michahellis), del marangone dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis) e della berta minore (Puffinus yelkouan). Per i rettili è stata invece rilevata la presenza di Tarentola mauritanica e della lucertola tirrenica (Podarcis tiliguerta) (Corti et al., in press.) a differenza di quanto riportato in Poggesi et al. (1995).

Interessi


Non esistono informazioni che indichino che l’Isola sia mai stata abitata dall’uomo; sembrerebbe invece essere stata utilizzata come pascolo per le capre fino agli inizi degli anni ’60 del secolo scorso; sembra inoltre che le capre siano state successivamente rimosse a causa della scarsa qualità del pascolo (Bocchieri & Iiriti, 2002).

Pressioni


L’Isola non sembra essere soggetta a particolari pressioni, tuttavia sarebbe importante impedirne l’accesso durante il periodo di nidificazione degli uccelli marini, nonché proteggere la specie endemica Podarcis tiliguerta dall’arrivo di specie competitrici quali P. siculus, molto spesso involontariamente introdotta dall’uomo sugli isolotti.

Gestione / conservazione


L’Isola Rossa di Trinità D’Agultu è inclusa nel Sito d’Importanza Comunitaria (SIC) “Isola Rossa-Costa Paradiso” (ITB012211).

Riferimenti


  1. Bocchieri E. & Iiriti G., 2002. Research on the changes in the flora and vegetation cover on Isola Rossa of Trinità D’Agultu (central-northern Sardinia). Lagascalia, 22: 103-117.

  2. Carmignani L., Cocozza T., Gandin A. & Pertusati P.C., 1982. Guida alla geologia del Paleozoico Sardo. Società Geologica Italiana, 215 pp. Bologna.

  3. Corti C., Lo Cascio P., Biaggini M., Giovannotti M., Caputo Barucchi V., Nègre Santucci N. & Delaugerre M.-J. (in press). The unexpected “persistence” of the endemic Archaeolacerta bedriagae on three Corsican islets. Il Naturalista Siciliano.
  4. Desole L., 1954. Studio Floristico e Fitogeografico Delle Piccole Isole della Sardegna Nord-Occidentale. Seconda nota; isola Rossa (Aggius); isola dei Porri (Stintino); Isola Foradada (Alghero). Nuovo giornale botanico italiano, 61: 290-326.

  5. Gregori L. & Osella G., 1989. Ricerche zoologiche della Nave Oceanografica “Minerva” (C.N.R.) sulle isole circumsarde. VI. Il popolamento a Coleotteri Curculionoidea (Insecta). Annali del Museo civico di Storia naturale G. Doria, 87: 373-492.

  6. Montmollin de & Strahm W., 2005. The Top 50 Mediterranean Island Plants: Wild plants at the brink of extinction, and what is needed to save them. IUCN, Gland, Switzerland and Cambridge, UK.

  7. Poggesi M., Agnelli P., Borri M., Corti. C., Finotello P. L., Lanza B. & Tosini G., 1995. Erpetologia delle isole circumsarde. Biogeographia [1995], 18: 583-618

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ISSN 2970-2321

Cette fiche a été rédigée dans le cadre du projet d’Atlas encyclopédique des Petites Iles de Méditerranée, porté par le Conservatoire du Littoral, l’Initiative PIM, et leurs nombreux partenaires.
This sheet has been written as part of the encyclopedic Atlas of the Small Mediterranean Islands project, carried out by the Conservatoire du Littoral, the PIM Initiative and their numerous partners.
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ILES

Cluster : Arcipelago dell’Asinara

Sottobacino : SARDINIA

Isola Piana

Collaboratori : Mariano Ucchesu

Data di creazione : 3 Aprile 2018

Per citare questa versione :  UCCHESU, M. (2018). Foglio dell’isola : Isola Piana – Sottobacino : Sardegna. Atlas of Small Mediterranean Islands. https://pimatlas.org/explorer-atlas/iles/isola-piana/

Comune Porto Torres
Arcipelago Arcipelago dell’Asinara
Superficie (ha) 120,709
Linea costiera (metri) 6974
Distanza dalla costa (miglia nautiche) 550
Altitudine massima (metro) 23
Coordinate geografiche Latitudine 40,9751019109936
Longitudine 8,2184195701759
Proprietà della terra /
Organismo di gestione Ente Parco Nazionale dell’Asinara
Stato di protezione nazionale /
internazionale /

Descrizione


L’Isola Piana si trova ubicata nell’estremità sud del cluster “Arcipelago dell’Asinara”, ha una superficie di 120 ettari, uno sviluppo costiero di 6.974 m e un’altitudine di 23 m s.l.m.; la distanza massima dalle coste sarde è di 550 m. L’unica litologia presente è rappresentata dal basamento paleozoico formato prevalentemente da gneiss feldspatici e da micascisti grigio-verdastri e giallastri, in alcuni casi molto ricchi in muscovite, biotite, clorite ed anfiboli. La stessa tipologia di metamorfismo la ritroviamo ben visibile anche nella parte più settentrionale della Nurra e dell’Isola dell’Asinara. Gli strati risultano inclinati di circa 30°, tale inclinazione è ben visibile soprattutto nelle zone settentrionali e occidentali. Nella parte occidentale, le coste risultano più alte e rocciose di quelle orientali. Procedendo verso est, l’altimetria degrada dolcemente andando a formare piccoli sistemi sabbiosi eolici come ad esempio a Cala Grande (Bocchieri, 1999).

Per quanto riguarda gli aspetti climatici, questi, risultano del tutto identici a quelli dell’Asinara. La temperatura media annua è di 17°C e le precipitazioni si aggirano sui 500 mm annui e si concentrano soprattutto nel periodo autunno-invernale (Bocchieri, 1999).

Conoscenza


La flora dell’Isola Piana

Mariano Ucchesu


L’Isola Piana è inclusa nel settore biogeografico Campidanese-Turritano. Lo spettro biologico evidenzia una spiccata mediterraneità caratterizzata da una percentuale di terofite del 56% non ancora riscontrata tra le isole circumsarde esplorate. Valori così elevati sono stati osservati in isole localizzate a latitudini più meridionali come Pantelleria con valori del 59%, oppure per le Isole delle Femmine e di Linosa dove vengono riscontrati valori del 65%. Sull’isola non risulta presente alcuna Pteridophyta e mancano numerose sclerofille come le eriche, il corbezzolo, il mirto e l’alaterno.

Lo spettro corologico generale evidenzia l’alta percentuale di specie mediterranee e la presenza contenuta di elementi circumboreali e tropicali. I corotipi mediterranei sono dominati dagli elementi Circum-Mediterranei, seguono gli endemismi sardo-corsi (Bocchieri, 1999).

A causa dei venti che investono soprattutto la parte occidentale dell’isola, assistiamo alla presenza di garighe basse e pulvinate, mentre solo nella parte centro orientale sono presenti arbusti che raramente raggiungono 3 m di altezza. Nella parte meridionale la macchia bassa risulta diradata, è dominata da cisto, timelea e lentisco con qualche ginepro e rarissimi olivastri. Man mano che si procede verso nord i ginepri divengono più numerosi e in particolare nel settore centrale a ovest di Cala Murona si associano con il lentisco e divengono le specie dominanti.

Gli impluvi, che terminano in mare e dal quale sono divisi da una sottile lingua di sabbia talvolta ricoperta da spessi strati di posidonia spiaggiata, procedendo dalla linea di deriva verso l’interno, sono colonizzati da Elymus farctus e Cakile maritima a cui seguono aggruppamenti a Halimione portulacoides. 

L’estremità settentrionale di Cala Grande è Punta Arena, una denominazione che non rispetta certamente il toponimo in quanto detta località è del tutto rocciosa. Sono presenti infatti specie di ambiente casmofilo costiero mentre, poco all’interno, è presente un piccolo raggruppamento di Ferula arrigonii associata con Atriplex portulacoides, Camphorosma monspeliaca, Senecio leucanthemifolius e Parapholis incurva.

Tra Punta Arena e Torre della Finanza, poco a sud della piccola costruzione diroccata, sono presenti piccoli aggruppamenti di Centaurea horrida, molto frammentati e privi di Astragalus terraccianoi.

A ovest di Torre della Finanza, nel settore più settentrionale dell’isola, dove nidificano i rari gabbiani corsi (Ichthyaetus audouinii), è presente una gariga costiera a elicriso (Helichrysum microphyllum subsp. tyrrhenicum) abbastanza estesa ma molto bassa e strisciante a causa del vento salso che investe l’isola per buona parte dell’anno. Procedendo verso Cala Murona si incontrano cenosi dominate da elicriso tirrenico, fiordaliso spinoso, spergolaria (Spergularia spp.) e le statici (Limonium spp.) mentre negli anfratti rocciosi domina il becco di gru corso (Erodium corsicum). Tra queste formazioni si rinvengono pratelli ciottolosi o argilloso-ciottolosi quasi privi di copertura vegetale e soggetti a erosione eolica e ruscellamento. Proseguendo sempre verso sud, la timelea e il lentisco divengono le specie dominanti ma, a causa del vento, si presentano bassi, quasi striscianti e comunque di dimensioni notevolmente inferiori rispetto agli stessi individui del settore orientale (Bocchieri, 1999).

 

Riferimenti

Bocchieri, E. 1999. Contributo alla conoscenza della flora e del paesaggio vegetale dell’Isola Piana di Stintino (Sardegna nord occidentale). – Atti della Società Toscana di Scienze Naturali, Serie B, 105: 1-12.

Interessi


Dal punto di vista floristico, sull’Isola Piana sono presenti alcuni endemismi sardi che, oltre ad essere documentati per la vicina Asinara, sono abbastanza diffusi in altre isole parasarde. In particolare questi sono: Limonium acutifolium subsp. acutifolium, Erodium corsicum, Stachys glutinosa, Genista corsica, Pancratium illyricum, Bellium bellidioides e Helichrysum microphyllum subsp. tyrrhenicum. Il taxon vascolare endemico di maggior interesse è senza dubbio il fiordaliso spinoso (Centaurea horrida), specie esclusiva della Sardegna settentrionale, presente in poche località prossime o all’interno dei cluster “Arcipelago dell’Asinara” e “Isole Tavolarine”.

Tra gli uccelli, si segnala l’importante presenza del gabbiano corallino (Larus melanocephalus), che costituisce l’unica popolazione nidificante in tutta la Sardegna (Bocchieri, 1999); tra i rettili invece quella di Testudo hermanni, Tarentola mauritanica, Euleptes europaea, Podarcis tiliguerta, Chalcides ocellatus e Hierophis viridiflavus , mentre fra gli anfibi quella del rospo smeraldino (Bufo balearicus) (Corti et al., 2006).

Pressioni


Il principale fattore di pressione è costituito dalla trasformazione/alterazione degli habitat, legata prevalentemente alla presenza non sostenibile di specie faunistiche domestiche e selvatiche (Bocchieri, 1999).

Gestione / conservazione


L’Isola Piana confina a nord con il Parco dell’Asinara e a sud con il SIC “Coste e isolette a Nord Ovest della Sardegna” e, i confini coincidono in parte con quelli dell’Area marina protetta “Isola dell’Asinara” e in parte con quelli del “Santuario per i Mammiferi Marini”. È inclusa nel Sito d’Importanza Comunitaria (SIC) ITB010082 “Isole dell’Asinara”. Di recente, presso la sala conferenze del Museo del Porto, è stato illustrato il Piano di gestione della futura Zona a Protezione Speciale (ZPS) “Isola Piana di Porto Torres”, che si pone come obiettivo la conservazione e la preservazione della natura sull’Isola. Tra le azioni proposte nel Piano sono previsti ad esempio: interventi di eradicazione di animali domestici inselvatichiti e delle specie vegetali esotiche; l’eliminazione dei rifiuti e la conservazione in-situ ed ex-situ delle specie floristiche rare e minacciate.

Ulteriori interventi prevedono la creazione di microimprese che svolgano attività di supporto alla gestione del sito.

Riferimenti


  1. Bocchieri, E. 1999. Contributo alla conoscenza della flora e del paesaggio vegetale dell’Isola Piana di Stintino (Sardegna nord occidentale). Atti della Società Toscana di Scienze Naturali, Serie B, 105: 1-12.

  2. Corti C., Lo Cascio P. & Razzetti E., 2006. Erpetofauna delle isole italiane (pp. 613-643). In: Sindaco R., Doria G., Razzetti E., Bernini F. (eds), Atlante degli Anfibi e dei Rettili d’Italia / Atlas of Italian Amphibians and Reptiles. Societas Herpetologica Italica, Edizioni Polistampa, Firenze, 792 pp.

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ISSN 2970-2321

Cette fiche a été rédigée dans le cadre du projet d’Atlas encyclopédique des Petites Iles de Méditerranée, porté par le Conservatoire du Littoral, l’Initiative PIM, et leurs nombreux partenaires.
This sheet has been written as part of the encyclopedic Atlas of the Small Mediterranean Islands project, carried out by the Conservatoire du Littoral, the PIM Initiative and their numerous partners.
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ISOLE

Cluster : West Sicilian coast

Sous-bassin : SICILE

Maraone

Contributeur :

Salvatore Pasta ; Pietro Lo Cascio

Date de création : 15/12/2017

Commune Favignana
Archipel West Sicilian coast
Surface (ha)
Linéaire côtier (mètre) 820
Distance à la côte (Mile nautique) 3
Altitude max (mètre) /
Coordonnées géographiques Latitude 37,989994
Longitude 12,414142
Propriété foncière /
Gestionnaire(s) Commune de Favignana
Statut de protection national /
international /

Descrizione


Maraone ha una forma ellittica, con l’asse maggiore orientato in senso NNO-SSE; la sua superficie si estende per 31000 m2 e l’altezza massima è di 5 m s.l.m., tanto da risultare scarsamente visibile in lontananza o in caso di forti burrasche. L’isolotto presenta un’ampia fascia afitoica di circa 2 m s.l.m. lungo l’intero perimetro.

Dista 6700 m dalla costa occidentale della Sicilia e appena 5000 m dall’isola di Levanzo; durante l’ultimo Massimo glaciale (18.000 anni fa), quando il livello marino era 80-120 m più in basso rispetto a oggi, l’isolotto risultava connesso alla Sicilia e faceva parte della piattaforma continentale emersa che includeva anche alcune delle isole Egadi. L’isolamento definitivo è avvenuto intorno a 8000 anni fa. Sotto il profilo geologico, l’isolotto rappresenta un banco carbonatico (chiesto aiuto a Piero Renda); sulla base dei dati termo-pluviometrici relativi alla stazione più vicina (Trapani), esso è interessato da precipitazioni piovose annue pari a circa 480 mm e da temperature medie annue di circa 18 °C e risulta pertanto soggetto ad un bioclima con termotipo termomediterraneo inferiore e ombrotipo secco superiore. La morfologia quasi pianeggiante di gran parte dell’isolotto lo espone in maniera particolarmente pronunciata all’intensa azione dei venti, all’apporto di salsedine e provoca un forte irraggiamento della parte più elevata colonizzata delle piante vascolari. L’origine del nome potrebbe derivare dal termine vernacolare ‘maraùni’, con il quale in Sicilia si indica il marangone o cormorano Phalacrocorax carbo. A differenza del vicino isolotto di Formica, non vi sono tracce né notizie di antichi insediamenti, ma la presenza diffusa di tagli verticali netti e di blocchi squadrati intorno ad una depressione nel settore nord-occidentale suggerisce che Maraone sia stato utilizzato come cava. Nel punto più elevato dell’isolotto esiste una capanna costruita con blocchi di calcarenite, riparo occasionale dai pescatori che vi sostavano prima dell’istituzione dell’Area Marina Protetta ‘Isole Egadi’.

Stato delle conoscenze


Giovanni Gussone, autore di una flora vascolare della Sicilia, fu il primo botanico ad esplorare le “Formiche” nel maggio del 1828: nelle opere pubblicate successivamente (Gussone, 1827-1834, 1842-1845), egli riportò alcuni dati di quella visita senza distinguere le osservazioni/raccolte di Maraone da quelle effettuate a Formica. Più di recente, dati inediti sulla flora vascolare di Maraone sono stati raccolti da M. Lo Valvo e F. P. Faraone (28.07.2001), in occasione di una prospezione finalizzata allo studio del locale popolamento di Podarcis, e da L. Gianguzzi, V. M. Siracusa, L. Scuderi e F. Grammatico in occasione di una breve visita effettuata il 26.11.2004. In occasione di una prospezione effettuata (29.05.2012) allo scopo di aggiornare le conoscenze sulla distribuzione di Calendula maritima Guss., specie prioritaria ai sensi della Direttiva 92/43 ‘Habitat’ dell’UE, S. Pasta ha integrato la lista della flora vascolare ed effettuato una caratterizzazione della vegetazione locale, mentre A. S. Gristina e G. Garfì si sono recati sull’isolotto (4.05.2017) per censire e campionare il popolamento di Calendula maritima nell’ambito delle azioni previste dal Progetto LIFE15 NAT/IT/000914 ‘CalMarSi LIFE – Misure di conservazione integrata di Calendula maritima Guss., specie rara e minacciata della flora vascolare siciliana’.

Durante gli ultimi vent’anni, F. Lo Valvo e B. Massa hanno effettuato periodici censimenti della locale colonia di gabbiano reale mediterraneo.

Interesse


La flora vascolare di Maraone comprende 25 taxa vegetali. Si tratta perlopiù di piante (iper)nitrofile che tollerano bene lo stress idrico e la salinità dei suoli. La distribuzione e la composizione floristica della vegetazione locale dipendono dalla topografia dell’isola e risentono fortemente della distribuzione dei nidi di gabbiano, che provoca impatti significativi sulla struttura e sul chimismo del suolo per via del calpestio e dell’apporto di sostanza organica. Infatti, la metà settentrionale dell’isolotto, dove si concentrano i nidi di gabbiano, ospita consorzi a carattere ruderale riferibili agli Stellarietea mediae R. Tx. Lohmeyer & Preising ex von Rochow 1951, dominati da Hyosciamus albus L., Malva arborea (Mill.) Webb & Berthel. e M. multiflora (Cav.) Soldano, Banfi & Galasso. Poche appaiono invece le specie esclusive di contesti meno disturbati, come Crithmum maritimum L. e Lotus cytisoides L., legati alle coste rocciose esposte all’aerosol marino, che formano piccoli nuclei di vegetazione camefitica riferibile ai Crithmo-Limonietea Br.-Bl. in Br.-Bl., Roussine & Nègre 1952 (habitat 1240) lungo la costa occidentale; Frankenia hirsuta L. e Spergularia salina, specie tipiche dei Saginetea maritimae Westhoff, Van Leeuwen & Adriani 1962 (habitat 1310), che colonizzano esigue tasche di suolo argilloso in aree soggette ad inondazione durante le burrasche. Infine, popolamenti monospecifici di Arthrocnemum macrostachyum (Moric.) K. Koch costituiscono nuclei di arbusteto alo-xero-nitrofilo sulle coste rocciose della porzione meridionale dell’isolotto, dando vita ad una formazione riferibile alla classe Sarcocornietea fruticosae Br.-Bl. & R. Tx. ex A. & O. de Bolòs 1950 em. O. de Bolòs 1967 (habitat 1420).

A Maraone crescono anche Calendula maritima Guss. e Limonium ponzoi (Fiori & Bég.) Brullo, endemiche del settore costiero della Sicilia occidentale e di diverse isole della provincia di Trapani, e Galium verrucosum Huds. subsp. halophilum (Ponzo) Lambinon, descritto per l’antistante litorale di Trapani, specie a distribuzione tirrenica alquanto frammentaria. Il popolamento locale di Calendula maritima svolge un ruolo cruciale per la conservazione di questa specie rara e minacciata dall’ibridazione con altre specie congeneri sull’isola maggiore: esso conta ca. 500 individui, concentrati perlopiù lungo il settore orientale della metà settentrionale dell’isolotto ai margini del consorzio dominato da Malva arborea e M. multiflora. Altre due specie d’interesse fitogeografico, Anthemis secundiramea Biv. e Hornungia revelieri (Jord.) Soldano, F. Conti, Banfi & Galasso, segnalate per l’isolotto in passato, non sono state confermate e sono forse rappresentate da popolazioni molto esigue o sono scomparse in seguito all’intenso turnover floristico provocato dall’incremento della colonia di gabbiani.

Per quanto concerne la fauna vertebrata, l’unico rettile presente è il Lacertidae Podarcis siculus (Rafinesque-Schmaltz); in passato le lucertole dell’isolotto erano state erroneamente identificate come P. waglerianus Gistel, ma il loro reale status tassonomico è stato successivamente chiarito anche su base molecolare. Come spesso si verifica nei contesti microinsulari, la popolazione mostra una notevole elasticità ecologica e un’elevata densità. L’isolotto ospita circa 300 coppie nidificanti di Larus michahellis (Naumann). La fauna invertebrata è ancora poco conosciuta ma non sembra comprendere elementi di particolare interesse.

Pressioni


In seguito all’istituzione dell’Area Marina Protetta l’accesso all’isolotto è interdetto e lo specchio di mare antistante è soggetto ad un costante e regolare controllo. Le visite a scopi scientifici sono consentite soltanto previo rilascio di nullaosta. Se da un lato questo ha azzerato il rischio di danni al patrimonio biologico locale, dall’altro potrebbe avere favorito un ulteriore incremento della locale colonia di gabbiani. Questi uccelli costituiscono di fatto il principale fattore di perturbazione e pertanto necessitano di adeguati e regolari monitoraggi al fine di prevenire eventuali danni a specie e comunità locali.

Se le previsioni più pessimistiche riguardo agli effetti del riscaldamento climatico sull’innalzamento de livello marino dovessero avverarsi, l’isolotto sarebbe essere destinato a scomparire assieme agli organismi che esso ospita.

Gestione e Conservazione


Maraone è incluso nel SIC ITA010024 ‘Fondali dell’Arcipelago delle Isole Egadi’ e ricade all’interno della Zona di Protezione Speciale (ZPS) ITA 010027 ‘Arcipelago delle Egadi – area marina e terrestre’, ai sensi della Direttiva 79/409 ‘Uccelli’ dell’UE.

Lo specchio di mare che circonda l’isolotto di Maraone ricade nella zona A (di tutela integrale) dell’Area Marina Protetta ‘Isole Egadi’. In questa zona, soggetta a regolare e costante controllo, è consentita esclusivamente la balneazione o alcune attività di documentazione e di indagine scientifica previa autorizzazione.

Bibliografia


Gussone G., 1832-1834. Supplementum ad Florae Siculae Prodromum, quod et specimen florae insularum Siciliae ulteriori adjacentium. Neapoli, ex Regia Typographia, 2 fascicoli.

Maggio T., Faraone F.P., Arculeo M. & Lo Valvo M., 2005. Analisi dell’rDNA 12s nelle relazioni sistematiche della Lucertola campestre (Podarcis sicula) in Italia. Riassunti del 66° Congresso nazionale dell’Unione zoologica italiana (Roma, 19-22 settembre 2005): 52.

Massa B., Lo Cascio P., Ientile R., Canale E. & La Mantia T., 2015. Gli uccelli delle isole circumsiciliane. Naturalista siciliano, 39(2): 105-373.

Pasta S., Marcenò C., Garfì G. & Carimi F., 2017. Human disturbance, habitat degradation and niche shift: the case of the endangered endemic Calendula maritima Guss. (W Sicily, Italy). Rendiconti dei Lincei, Classe di Scienze Fisiche e Naturali, 28 (2): 415-424.

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ISSN 2970-2321

Cette fiche a été rédigée dans le cadre du projet d’Atlas encyclopédique des Petites Iles de Méditerranée, porté par le Conservatoire du Littoral, l’Initiative PIM, et leurs nombreux partenaires.
This sheet has been written as part of the encyclopedic Atlas of the Small Mediterranean Islands project, carried out by the Conservatoire du Littoral, the PIM Initiative and their numerous partners.
(https://pimatlas.org)

ISOLE

Cluster : South-Eastern Sicilian coast

Sous-bassin : SICILE

Isola di Capo Passero

Contributeur :

Salvatore Pasta ; Pietro Lo Cascio

Date de création : 15/12/2017

Comune Portopalo di Capo Passero
Arcipelago
Area (ha) 36,52
Costa (metri) 3200
Distanza dalla costa (miglio nautico) 0,1
Altitudine massima (metri) 19
Coordinate geografiche Latitudine 36,686978
Longitudine 15,148458
Proprietà della terra /
Organo di gestione /
Stato di protezione nazionale /
internazionale /

Descrizione


L’Isola di Capo Passero ricade nel territorio comunale di Pachino ed è localizzata nell’estrema punta sud-orientale della Sicilia, dalla quale dista appena 300 m (Portopalo di Capo Passero). È la più grande ed interessante fra le 5 isolette prossime al promontorio di Pachino; ha forma ellittica (lunghezza massima c. 1238 m, larghezza massima c. 675 m) con una stretta appendice nella parte sud-occidentale che si estende nel mare verso Sud, una morfologia pianeggiante e lievemente inclinata verso la linea di costa lungo la direttrice NE-SW, si estende per una superficie di 35,6 ha e raggiunge un’elevazione massima di 21 m s.l.m.

Le rocce affioranti sono di natura prevalentemente carbonatica: la parte settentrionale e nord-orientale dell’isola sono caratterizzate da calcari rosati massivi o con accenno di stratificazione, contenenti rudiste, gasteropodi e macroforaminiferi del Cretaceo superiore (72-66 Ma), mentre la parte sud-orientale consta di calciruditi bianco-rosate a nummuliti del Paleocene-Eocene (60-40 Ma). Il banco calcareo della porzione meridionale dell’isola è coperto da sabbie recenti del Pleistocene superiore-Olocene. Infine, la parte SW dell’isola è costituita da vulcaniti del Cretaceo superiore: più in dettaglio, si tratta di tefriti derivanti da effusioni sottomarine, come attesta la presenza di pillow lavas, ialoclastiti e dicchi intraformazionali.

I depositi sabbiosi prevalgono lungo il breve tratto di costa posto a SW dell’isola, dove la costa si presenta piuttosto bassa e fortemente influenzata dall’azione dei venti provenienti dai quadranti meridionali e occidentali. I tratti costieri della parte nord-occidentale, settentrionale, nord-orientale e sud-orientale dell’isola si presentano rocciosi e frastagliati e sono caratterizzati da falesie, in alcuni punti a strapiombo sul mare, modellate da un intenso dinamismo litorale. Oggi come in passato l’azione erosiva modifica costantemente la linea di costa ed i sistemi dunali retrostanti, nonché la profondità dei bassi fondali che separano l’isola dalla Sicilia sud-orientale. Diverse fonti (portolani, mappe, incisioni, resoconti di comandanti e viaggiatori) attestano infatti che l’isola è stata ripetutamente connessa con l’isola maggiore, assumendo l’aspetto di promontorio roccioso proteso verso E. L’attuale fase di separazione è avvenuta nel corso del XVIII secolo, quando il regime delle correnti locali ha determinato lo smantellamento del cordone sabbioso e la formazione di una canale largo circa 250 m e profondo circa 2,5 m.

Per quanto concerne l’ambiente sommerso, l’andamento delle linee batimetriche segue fedelmente la linea di costa. I fondali rocciosi, costituiti prevalentemente da rocce calcaree, sono ricchissimi di piccole e grandi fessurazioni che in alcuni punti hanno dato vita a caverne sottomarine, anche di discreta ampiezza; sul versante orientale dell’isola sono invece presenti grandi distese sabbiose.

Sulla base dei dati termo-pluviometrici e dei venti della vicina stazione meteorologica di Cozzo Spadaro (51 m s.l.m.), relativi al periodo 1971-2000, le precipitazioni medie annue sono di circa 484 mm, mentre la temperatura media annua è di 22 °C (Atlante Climatico d’Italia del Servizio Meteorologico dell’Aeronautica Militare), lo stress termo-idrico è molto marcato e si protrae per ben sei mesi l’anno, da Aprile a Settembre. Il termotipo dell’area è di tipo termo-mediterraneo inferiore con ombrotipo secco inferiore. I venti predominanti provengono dal terzo quadrante, cui seguono con frequenza minore quelli del primo quadrante.

Tra le isole della Sicilia sud-orientale, Capo Passero è certamente l’isola che ha maggiormente risentito dell’azione dell’uomo. Essa era già munita di faro in epoca romana.

Nel punto più elevato si erge un castello, edificato tra il 1599 ed il 1610 sotto il regno dell’imperatore Carlo V, allo scopo di prevenire le incursioni corsare lungo le coste di Noto. Dall’inizio del XVII sino alla metà del XIX secolo una guarnigione di 10-25 uomini abitò nel forte, che tra il 1770 ed il 1848 svolse anche il ruolo di carcere. Nel 1871 venne edificato un piccolo faro sullo spigolo di NE, ed il forte ospitò il personale della Marina Militare addetto alla sua accensione notturna e, durante la prima guerra mondiale, anche una squadra di artiglieri dell’Esercito italiano. A partire dagli anni Cinquanta, a seguito dell’automatizzazione del faro, è cessata la presenza umana sull’isola. Piccoli appezzamenti di terreno nelle immediate adiacenze del castello furono coltivati sino al 1910, mentre ancora pochi decenni fa sull’isola venivano raccolte le foglie di Chamaerops humilus L. per ricavarne fibre.

Va segnalata anche la presenza sul lato nord-occidentale dell’isola di edifici un tempo adibiti al ricovero delle barche utilizzate per la pesca del tonno, di pertinenza della tonnara di Capo Passero situata sull’antistante costa siciliana. Tale tonnara esisteva già nel XV secolo; dopo alterne fortune essa registrò un ultimo periodo di attività tra la fine dell’800 e primi anni ’70 del Novecento; il suo ultimo utilizzo risale alla fine degli anni ’90.

Stato delle conoscenze


La flora vascolare dell’Isola di Capo Passero è stata studiata già sul finire del XVII secolo, quando uno dei pionieri della botanica moderna, l’inglese John Ray, compilò una lista delle piante osservatevi in attesa di riprendere il mare dopo un naufragio.

La componente vegetale dell’Isola di Capo Passero è stata indagata in maniera accurata tra il 1909 ed il 1917 in occasione di due visite effettuate da G. Albo, che censì 171 taxa vegetali. Ulteriori contributi alla conoscenza della sua flora e vegetazione sono stati forniti in seguito agli studi effettuati da Pirola negli anni Cinquanta del secolo scorso. Nel 1988, nell’ambito di ricerche promosse dall’Ente Fauna Siciliana I. Galletti ha segnalato alcune novità floristiche. I risultati delle indagini condotte tra il 1997 ed il 2000 da A. Cristaudo (Università di Catania), che hanno permesso di censire ben 264 taxa vegetali, combinati ai rilievi avviati recentemente da P. Minissale (Università di Catania) e S. Sciandrello (CUTGANA), permetteranno di avere a breve un quadro completo ed aggiornato sulla flora e la vegetazione dell’isola.

Le conoscenze faunistiche si devono soprattutto alle indagini condotte a partire dagli anni Novanta, promosse dall’Ente Fauna Siciliana, che hanno riguardato prevalentemente l’entomofauna.

Un censimento regolare dell’ornitofauna è stato condotto nel corso degli ultimi anni da R. Ientile.

Interesse


Secondo l’ultimo censimento disponibile, la flora vascolare dell’Isola di Capo Passero conta 255 taxa, alcuni dei quali rivestono un grande interesse fitogeografico, come Limonium hyblaeum Brullo, endemico dell’area iblea e di Favignana, Senecio pygmaeus DC. presente anche a Malta e Lampedusa, numerose specie comuni nel Mediterraneo orientale ma rarissime in Italia, quali Sarcopoterium spinosum (L.) Spach, Cichorium spinosum L., Senecio glaucus L. subsp. coronopifolius (Maire) C. Alexander, Aeluropus lagopoides (L.) Thwaites e Spergularia heldreichii Foucaud, specie segnalata di recente e di cui l’isolotto rappresenta l’unica stazione nota per la Sicilia.

Le comunità terofitiche psammo-alo-nitrofile pioniere dei Cakiletea maritimae (habitat 1210) caratterizzano l’antiduna, mentre le dune mobili dominate da Ammophila arenaria (L.) Link subsp. australis (Mabille) Lainz (habitat 2210) sono scarsamente rappresentate a causa di fattori di disturbo naturali e antropici. Un ampio tratto della costa meridionale è caratterizzato da formazioni retrodunali Ononis natrix L. subsp. ramosissima (Desf.) Batt. e Centaurea sphaerocephala L. (habitat 2220). Le schiarite della vegetazione psammofila perenne si insediano comunità prative a graminacee annue riferite ai Malcolmietalia (habitat 2230).

Nei contesti rocciosi prospicienti il mare e soggetti all’aerosol marino prevalgono aspetti di vegetazione suffruticosa alo-rupicola dei Crithmo-Limonietea (habitat 1240), in consorzio con comunità subalo-nitrofile dei Saginetea maritimae (habitat 1310) nelle piccole superfici depresse dove si registra l’accumulo di suolo fangoso-sabbioso.

Nelle aree più arretrate e rocciose soggette a sommersione durante l’alta marea o a causa delle mareggiate si insedia una vegetazione ad alofite perenni caratterizzata da Arthrocnemum macrostachyum (Moric.) K. Koch, Suaeda vera J.F. Gmel., Halimione portulacoides (L.) Aellen e Limbarda crithmoides (L.) Dumort (habitat 1420). Comunità ruderali a terofite succulente come Mesembryanthemum nodiflorum L. e Beta vulgaris L. subsp. maritima (L.) Arcang. occupano estese superfici del settore NE ed E dell’isola, in prossimità del castello. Nella parte centrale, su suoli più maturi e in aree che risentono meno dell’aerosol marino, si osservano aspetti di macchia termo-xerofila con Chamaerops humilis, Pistacia lentiscus e diverse sclerofille sempreverdi riferibili all’OleoCeratonion (habitat 5330) e nuclei di frigana a Sarcopoterium spinosum (habitat 5420). Negli spazi aperti di tali formazioni pre-forestali si rinvengono mosaici di prateria xerica perenne e annua riferibili all’habitat 6220.

La fauna vertebrata terrestre non presenta elementi di particolare rilievo; tuttavia, in considerazione delle modeste dimensioni dell’isola, l’erpetofauna appare piuttosto ricca, e comprende Tarentola mauritanica (L.), Hemidactylus turcicus (L.), Podarcis siculus (Rafinesque-Schmaltz) e Chalcides ocellatus (Forsskål), mentre la segnalazione di Hierophis viridiflavus (Lacépède) necessita di conferma.

Di maggiore interesse risulta l’artropodofauna e, in particolare, la coleotterofauna, oggetto di alcuni studi, che comprende oltre 170 specie. Notevole la presenza del Geotrupidae Bobelasmus vaulogeri (Abeille de Perrin), specie considerata estremamente rara in Sicilia e presenta anche in Tunisia e Algeria, che probabilmente qui si alimenta delle feci di Oryctolagus cuniculus (L.). Per l’isola sono noti inoltre i Tenebrionidae Erodius siculus subsp. siculus Solier, Tentyria laevigata subsp. laevigata Steven, Stenosis melitana Reitter, Dichillus subtilis Kraatz, Oochrotus unicolor subsp. moltonii Canzoneri, endemici siciliani o siculo-maltesi; i Melyridae Dasytes metallicus (F.), endemico siciliano, e Dasytidius medius (Rottenberg), noto sulla base di pochissime segnalazioni per la Sicilia e la Tunisia, perlopiù storiche, che vive su infiorescenze di Chamaerops humilis. Tra gli altri insetti, va menzionata la presenza dell’ortottero Brachytrupes megacephalus (Lefebvre), a geonemia sardo-siculo-nordafricana.

A partire dal 2000, sull’isola nidifica Larus michahellis (Naumann), che attualmente conta circa 150 coppie; il sito rientra nell’area di foraggiamento di un altro laride, Larus audouinii Payraudeau, recentemente segnalato come nidificante nella vicina isola di Vendicari.

L’area sommersa che circonda l’isola è caratterizzata, su substrati rocciosi, da una successione di popolamenti a Cystoseira (C. amentacea var. stricta Montagne, C. elegans Sauvageau, C. barbatula Kuetzing e C. brachycarpa J. Agardh) riferiti all’habitat 1170. Si tratta di specie edificatrici in grado di formare comunità complesse, frutto della coabitazione di numerosi organismi animali e vegetali. I substrati sabbiosi sono colonizzati da vaste praterie a Posidonia oceanica (L.) Delile (habitat 1120), le cui foglie offrono rifugio a numerosi vertebrati ed invertebrati, di cui rappresentano anche la nursery. Cymodocea nodosa (Ucria) Aschers. è invece presente su sabbia mista a fango.

Un eccezionale interesse geo-paleontologico rivestono inoltre gli affioramenti fossiliferi a rudiste (es.: Hippurites cornucopiae De France, Sabinia aff. aniensis Parona, Microcaprina bulgarica Tzankov, ecc.) del Cretaceo superiore. Essi risultano molto ben visibili sulla scogliere nella punta orientale dell’isola, dove sono state messe in luce dalle attività d’estrazione di materiale lapideo durante la costruzione del castello.

Pressioni


L’unico disturbo alla componente vegetale deriva dall’accesso e dal calpestio dei bagnanti durante la stagione estiva e dalla presenza cospicua di Oryctolagus cuniculus; paradossalmente, è proprio questo animale che fornisce il pabulum indispensabile a garantire la permanenza del raro endemita Bolbelasmus romanorum, motivo per il quale appare quanto mai opportuno un programma di controllo demografico della specie in luogo della sua eradicazione. L’incremento delle coppie nidificanti di Larus michahellis costituisce invece un potenziale rischio sia per la flora e vegetazione locale, sia per la componente faunistica, e andrebbe attentamente monitorato.

L’ambiente marino è in gran parte integro e presenta un’elevata ricchezza di specie. Le principali forme di disturbo sono connesse all’attività di diporto durante la stagione balneare, dovuti perlopiù ai danni meccanici ai rizomi di posidonia causati dagli ancoraggi estivi sulle praterie e ad una non rispettosa fruizione delle coste da parte dei bagnanti, con conseguente calpestio e disturbo alla fauna. La specie aliena Caulerpa cylindracea Sonder ha parzialmente sostituito i locali popolamenti a Cymodocea nodosa; essa non sembra tuttavia costituire una grave minaccia per gli ecosistemi marini in quanto non mostra carattere invasivo.

Gestione e Conservazione


In seguito all’applicazione dei D.P.R. n° 365 e n° 637 del 30/08/1975, con i quali viene sancito il passaggio delle competenze in materia di beni culturali e ambientali dallo Stato alle Regioni, il forte di Capo Passero è divenuto proprietà della Regione Siciliana.

L’interesse biologico dell’isola giustifica ampiamente una nuova proposta di istituzione della Riserva Naturale Orientata “Isola di Capo Passero” tuttora inserita nel Piano regionale delle Riserve (1995). La prima istituzione, avvenuta nel 1995, è stata annullata da parte del T.A.R. di Palermo per vizi formali con sentenza n. 492/98 dell’11 dicembre 1997, depositata il 26 marzo 1998.

L’Isola di Capo Passero ricade all’interno dell’omonimo Sito di Importanza Comunitaria (SIC) ITA 090001, mentre l’area sommersa che la circonda ricade nel SIC ITA090028 ’Fondali dell’Isola di Capo Passero’. Oltre ai già citati habitat 1120 e 1170, essa conta diverse grotte riferibili all’habitat 8330. L’ambito marino ospita comunità ben strutturate e presenta un elevato valore naturalistico e paesaggistico, con livelli significativi di biodiversità animale e vegetale. La presenza di popolamenti a Cystoseira e di estese praterie a Posidonia oceanica riveste una notevole importanza economica sia diretta, perché offre un prezioso sito di rifugio per numerose specie ittiche di grande interesse economico, sia indiretta, per il ruolo che tali organismi svolgono sia per il funzionamento complessivo della rete trofica locale sia per la fruizione turistica.

Sebbene il popolamento locale di Caulerpa cylindracea non maniefesti carattere di particolare invasività, il suo trend demografico merita di essere monitorato regolarmente.

Bibliografia


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Furnari G., Giaccone G., Cormaci M., Alongi G., Serio D., 2003. Biodiversità marina delle coste italiane: catalogo del macrofitobenthos. Biologia marina mediterranea, 10: 3-483.

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Lippi Guidi A., 1993. Tonnare tonnaroti e malfaraggi della Sicilia sud-orientale. Zangara Stampa, Siracusa.

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Cette fiche a été rédigée dans le cadre du projet d’Atlas encyclopédique des Petites Iles de Méditerranée, porté par le Conservatoire du Littoral, l’Initiative PIM, et leurs nombreux partenaires.
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ISOLE

Cluster : ISOLE N SICILIA

Sottobacino : SICILIA

Scoglio di Brolo

Scritto da : Salvatore Pasta ; Pietro Lo Cascio

Data di creazione : 31/05/2021

Per citare questa versione :  PASTA, S., LO CASCIO, P. (2021). Foglio dell’isola : Scoglio di Brolo – Sottobacino : Sicilia. Atlas of Small Mediterranean Islands. https://pimatlas.org/scoglio-di-brolo/

Comune Brolo
Arcipelago Northern Sicilian coast
Area (ha) /
Costa (metri) /
Distanza dalla costa (miglio nautico) 0.2
Altitudine massima (metri) 9
Coordinate geografiche Latitudine 38,165122
Longitudine 14,825614
Proprietà della terra /
Organo di gestione /
Stato di protezione nazionale /
internazionale /

Descrizione


Lo Scoglio di Brolo, noto anche con il nome di ‘Scoglio del Pianto’ o ’u Ploratu e un tempo anche come ‘Petra di Brolu’, è un’emergenza rocciosa che dista circa 450 m dalla linea di costa ed è posto al centro di una piccola baia situata nel settore nord-occidentale dei Monti Peloritani. Di recente lo scoglio è stato efficacemente paragonato ad ‘una lenticchia nell’oceano’ perché apparentemente avulso dal contesto geologico dal quale emerge. Si tratta infatti del residuo di un affioramento di marmo impuro a grana media frammisto a paragneiss e micascisti (rocce metamorfiche) del Paleozoico, litotipi cristallini ampiamente rappresentati nel vicino entroterra dell’isola maggiore ma assenti nelle immediate adiacenze della costa e del fondale che circonda lo scoglio. La sua porzione emersa è alta circa 15 m s.l.m., si eleva da un fondale sabbioso profondo 14 m e si sviluppa secondo un asse Est-Ovest. Esso è lungo circa 43 m e largo circa 29 m e occupa una superficie di 997 m2, mentre il suo perimetro è pari a 137 m. La sua porzione sottomarina presenta pareti verticali scarsamente colonizzate e numerosi blocchi di roccia distribuiti sul versante nord, più profondo (circa 18 m).

L’aspetto armoniosamente simmetrico dello scoglio gli conferisce un’inconfondibile sagoma curvilinea che ricorda la ‘gobba’ di un cetaceo emerso bruscamente dal mare: la parte inferiore è rastremata per via dei solchi di battente, mentre il suo contorno è reso irregolare dalla presenza di diversi spuntoni rocciosi.

Sulla base dei valori medi registrati nella vicina stazione termo-pluviometrica di Capo D’Orlando, l’area è interessata da precipitazioni piovose pari a 615 mm, presenta una temperatura media annua di 18.4 °C ed è caratterizzata da un bioclima con termotipo termomediterraneo inferiore ed ombrotipo subumido superiore.

Stato delle conoscenze


Sia la sua porzione emersa sia il settore sottomarino sono state oggetto di accurati rilievi geomorfologici, condotti circa 10 anni fa da Lo Presti et al. Tali prospezioni hanno portato alla scoperta di conglomerati fossiliferi a circa -3,5 m.

Le uniche informazioni disponibili sugli aspetti biologici della parte emersa dello Scoglio di Brolo sono invece frutto di una singola visita di circa 40 minuti effettuata da S. Pasta e I. Buscemi il 23 agosto del 2014, finalizzata al censimento della flora vascolare. In tale occasione è stato possibile annotare qualche osservazione sulla presenza stagionale di Larus michahellis (Naumann) ed osservare uccelli in sosta provenienti dalla costa antistante. Non sono disponibili dati sulla fauna invertebrata dell’isolotto. In considerazione della sua fisiografia (esposizione al moto ondoso, assenza di suolo) appare tuttavia altamente improbabile che esso ospiti elementi faunistici di particolare rilievo.

Anche le informazioni sull’ambito marino sono parziali e inedite, frutto di 3 immersioni effettuate da G. Scotti tra il 2006 ed il 2009.

Interesse


Lo scoglio di Brolo non ospita alcuna specie vegetale e animale d’interesse. Ciò è dovuto non soltanto alla sua modesta estensione ma anche alla sua esposizione al moto ondoso, che può risultare particolarmente violento nel periodo invernale; a questo si somma il disturbo dovuto alla presenza di alcune coppie nidificanti di Larus michahellis durante la stagione primaverile, testimoniata dalla presenza diffusa di guano e di cumuli di semi di Olea europaea L. var. sylvestris (Mill.) Lehr., e alla frequentazione antropica durante la stagione estiva. La flora vascolare censita nel corso di una visita effettuata nell’estate del 2014 consta di circa 15 taxa: si tratta perlopiù di piante nitrofilo-ruderali quali Parietaria judaica (L.) L., Hyoscyamus albus L., Solanum nigrum l., Setaria sp., Raphanus raphanistrum, ecc., disperse prevalentemente dai gabbiani o da altri uccelli che vi stazionano di frequente, come Columba livia Gmelin. Particolarmente diffusi risultano Chenopodium album L. e Portulaca cfr. oleracea L., mentre le uniche due specie perenni presenti sull’isolotto sono Limbarda crithmoides (L.) Dumort. subsp. crithmoides, che domina aspetti estremamente semplificati di vegetazione casmo-alofila (classe Crithmo-Limonietea Br.-Bl. 1947, habitat 1240), ed un singolo individuo di Olea europaea var. sylvestris, probabilmente disperso da Larus michahellis.

In ambito marino i popolamenti animali più rappresentativi sono quelli dei policheti filtratori Sabella spp., Protula spp., e Serpula spp. Le pareti dello scoglio sono spesso frequentate da branchi numerosi di Hermodice carunculata (Pallas). Al di sotto della fascia intertidale è presente una consistente popolazione di Lithophaga lithophaga (Linnaeus), specie inserita nell’Annesso IV della Direttiva 92/43/CEE ‘Habitat’. Per il resto le comunità vegetali ed animali sottomarine non evidenziano la presenza di specie di particolare interesse naturalistico.

Box 1. Scogli magici, leggendari e sacri

 

Da tempo immemore gli scogli e le secche, soprattutto quelli più pericolosi o dalla forma particolarmente armoniosa o insolita, costituiscono lo scenario di aneddoti, racconti, proverbi e superstizioni. Lo scoglio di Brolo è parte di questi luoghi ‘magici’ e ‘leggendari’. I vecchi pescatori del posto tramandano ancora una leggenda che potrebbe essere riferita ad una donna realmente esistita nel XVII secolo, Maria Lancia, della casata dei signori di Brolo. La bellissima principessa trascorreva le giornate attendendo con impazienza l’arrivo del suo spasimante, che approdava con una piccola barca sulla scogliera sotto le mura del castello per raggiungerla nel segreto della notte aggrappandosi alle sue lunghe trecce. Venuto a conoscenza di tali incontri clandestini, il fratello della principessa, geloso e adirato, decise di uccidere il giovane che insidiava l’onore della sorella. Così, in una notte buia e senza stelle, dopo l’ennesimo appuntamento amoroso, il giovane si calò per l’ultima volta giù dal castello, ignaro di trovarvi la morte. Appoggiato allo scoglio antistante, il fratello lo aggredì ferendolo, lo finì, lo mise in un sacco e, dopo averlo legato ad un masso, lo gettò in fondo al mare. Invano la bella Maria attese il ritorno del suo amore, sospirando e piangendo, sfinendosi sino a morire a sua volta. Si narra che l’anima della principessa continui ad aleggiare nei pressi dello scoglio, augurando ai pescatori che prendono il largo una pesca copiosa quando c’è bonaccia: “Juta e vinuta! Bona piscata!” (= Andata e ritorno! Buona pesca!) e richiamandoli a riva con gesti e richiami quando la tempesta s’avvicina: “Isati li riti! Viniti! Turnati!” (= Issate le reti! Venite! Tornate!). Questa leggenda sembrerebbe essere all’origine del nome vernacolare con cui lo scoglio di Brolo viene indicato dai pescatori del luogo, ’u scogghiu d’’u ploratu ovvero lo scoglio del pianto. Il termine ‘plorato’ deriva dal francese ‘pleurer’, piangere: gli anziani di Brolo sono gli ultimi a parlare un dialetto ricco di francesismi, residuo delle parlate gallo-italiche un tempo diffuse in diversi centri del Messinese e dell’Ennese. Non è del tutto inverosimile, invece, che il ‘pianto’ udito dai residenti delle coste antistanti fosse il canto della berta maggiore Calonectris diomedea (Scopoli, 1769), che forse un tempo può avere nidificato sullo scoglio.

La posizione, la sagoma e la forma simmetrica dello scoglio continuano a ispirare la religiosità locale: ogni estate in agosto una statua del Cristo degli Abissi viene riportata in superficie e posta in cima allo scoglio, dove nel corso delle settimane successive è oggetto di venerazione. Quando ormai è asciutta e libera da concrezioni organogene, viene rimessa in acqua.

Pressioni


Inserito in un contesto morfologico di modesto valore paesaggistico per via della monotonia dei fondali sabbiosi, lo Scoglio di Brolo rappresenta un’attrattiva per la subacquea ricreativa e la nautica da diporto. L’isolotto è inoltre meta abituale dei bagnanti che la raggiungono su mezzi nautici o a nuoto e vi sostano lungamente durante le giornate estive. Tale presenza arreca senza dubbio un disturbo quasi costante agli uccelli che vi sostano.

Sul punto più elevato dello scoglio di Brolo è stato costruito di recente un basamento in cemento che durante la stagione estiva ospita temporaneamente una statua in gesso del Cristo degli Abissi, cui gli abitanti dell’antistante borgata marinara rendono omaggio durante la Festa del Mare che si celebra in agosto. Allo scopo è stato realizzato un percorso in cemento, mentre per agevolare l’approdo e la sosta temporanea delle barche dei pellegrini sono stati messi in posto diversi ganci in acciaio. Questo percorso viene illuminato con candele riposte all’interno di piatti e ornato (si fa per dire) da addobbi floreali di plastica. Mentre la suggestione della luminaria estiva dura una notte, l’accumulo di resti non biodegradabili lascia tracce sempre più numerose e durature.

Tra i fattori maggiormente impattanti l’ambiente sommerso, l’ancoraggio non regolamentato, il calpestio e l’abbandono di rifiuti durante la stagione estiva e l’inquinamento di tipo cloacale proveniente da alcuni scarichi rappresentano una fonte di degrado per le acque marine costiere e le biocenosi presenti.

Gestione e Conservazione


Attualmente l’isolotto non gode di alcuna misura di protezione. 

Per la parte sommersa, l’unica forma di tutela è costituita da un’ordinanza di sicurezza balneare (n° 05/2016) emanata dal Circondario Marittimo di Sant’Agata Militello, che vieta il transito, la sosta, l’ormeggio e l’ancoraggio a tutte le unità a vela o a motore nel tratto di mare compreso fra lo Scoglio di Brolo ed il lungomare “L. Rizzo” del comune di Brolo. L’area interdetta è rappresentata da un triangolo il cui vertice nord è posto sullo scoglio di Brolo (Lat. 38°09’53,87’’ Nord – Long. 014°49’32,15’’ Est) e gli altri due vertici sulla spiaggia antistante, ad Ovest (Latitudine 38°09’38,45’’ Nord – Longitudine 014°49’30,10’’ Est) e ad Est (Latitudine 38°09’42,07’’ Nord’ – Longitudine 014°49’42,46’’ Est).

Bibliografia


  1. Carbone S., Lentini F. & Vinci G., 1998. Carta geologica del settore occidentale dei Monti Peloritani (Sicilia nord-orientale). S.El.Ca., Firenze.
  2. Ferla P., 1972. Serie metamorfiche dei Monti Peloritani occidentali (Messina). Rendiconti della Società italiana di Mineralogia e Petrografia, 28: 125-151.
  3. Lo Presti V., Gasparo Morticelli M., Antonioli F., Sulli A. & Catalano R., 2010. The Brolo island, a lentil in the “Ocean”. Rendiconti Online della Società geologica italiana, 2: 672-673.
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ISSN 2970-2321

Cette fiche a été rédigée dans le cadre du projet d’Atlas encyclopédique des Petites Iles de Méditerranée, porté par le Conservatoire du Littoral, l’Initiative PIM, et leurs nombreux partenaires.
This sheet has been written as part of the encyclopedic Atlas of the Small Mediterranean Islands project, carried out by the Conservatoire du Littoral, the PIM Initiative and their numerous partners.
(https://pimatlas.org)

ISOLE

Cluster : ISOLE N SICILIA

Sottobacino : SICILIA

Scoglio di Patti / Pietra di Patti

Scritto da : Salvatore Pasta ; Pietro Lo Cascio

Data di creazione : 07/07/2021

Per citare questa versione :  PASTA, S., LO CASCIO, P. (2021). Foglio dell’isola : Pietra di Patti – Sottobacino : Sicilia. Atlas of Small Mediterranean Islands. https://pimatlas.org/pietra-di-patti/

Comune Patti
Arcipelago Northern Sicilian coast
Area (ha) /
Costa (metri) 180
Distanza dalla costa (miglio nautico) 0,6
Altitudine massima (metri) /
Coordinate geografiche Latitudine 38,160989
Longitudine 14,989828
Proprietà della terra /
Organo di gestione /
Stato di protezione nazionale /
internazionale /

Descrizione


La Pietra di Patti, chiamata dai locali anche ’u Liuni (= il Leone) e ’u Ciafagghiuni (= la Palma nana), indicata anche come ‘Faraglione di Patti’ in alcune carte e resoconti del Settecento, è alto 20 m s.l.m., ha un perimetro di 188 m ed una superficie emersa di 1795 m2. Assieme al vicino Scoglio (o Scoglietto) di Patti rappresenta la parte emergente di un unico corpo roccioso di natura conglomeratica e arenitica, prevalentemente sommerso.

Le rocce della sua parte emersa sono costituite da conglomerati e sabbie riferiti al cosiddetto ‘Flysch di Capo d’Orlando’ (Oligocene superiore – Burdigaliano, c. 25-16 milioni d’anni fa).

Posta quasi al centro del Golfo di Patti a 1060 m dalla costa siciliana, essa costituisce un elemento essenziale del paesaggio locale. Un braccio di mare che raggiunge una profondità massima di 27 m la separa dall’isola maggiore, mentre sul lato nord emerge da un fondale sabbioso profondo circa 35-40 m.

La Pietra di Patti non reca alcun segno di presenza umana; tuttavia una stampa realizzata sul finire del XVIII secolo la raffigura come punto di attacco delle cime della camera della morte a servizio della locale tonnara. L’inconfondibile sagoma dello scoglio, che ricorda tuttora la forma di un berretto, fu modificata sensibilmente nell’agosto-settembre del 1943, quando le forze anglo-americane che invasero la Sicilia lo utilizzarono come bersaglio per le prove balistiche che precedettero le incursioni aeree ed i cannoneggiamenti navali.

Sulla base dei dati delle stazioni di rilevamento termo-pluviometrico più vicine, si presume che l’area sia soggetta al bioclima caratteristico del cluster di pertinenza, caratterizzato da un termotipo termomediterraneo inferiore e da un ombrotipo subumido superiore, con temperature medie annue comprese tra 16.8 e 18.8 °C e precipitazioni comprese tra 615 e 730 mm.

Stato delle conoscenze


Le informazioni sulla costituzione geologica dell’isolotto sono state desunte da una carta geologica realizzata nel corso degli anni Novanta del secolo scorso da Caliri e colleghi e dal foglio geologico ufficiale dell’ISPRA (Foglio 599 ‘Patti’) pubblicato nel 2013. La Pietra di Patti (così come lo scoglio di Patti) è costituita da conglomerati poligenici e arenarie arkosiche del ‘Flysch di Capo d’Orlando’ (Oligocene superiore-Burdigaliano, c. 25-16 milioni d’anni fa). La struttura è una monoclinale, con strati immergenti verso ovest e inclinati di circa 45°. Ciò ha determinato un profilo asimmetrico, con un versante occidentale meno inclinato (dove immergono gli strati) e un versante orientale più ripido (dove affiorano le testate degli strati).

I dati geomorfologici sono stati acquisiti sia da indagini interpretative di foto aeree e immagini da Google Earth, sia dall’analisi delle informazioni geologiche esistenti. Nel loro insieme, la Pietra e lo Scoglio di Patti sono due faraglioni la cui genesi è dovuta ai processi di “spianamento” marino che, finora, hanno risparmiato questi due piccoli rilievi rocciosi residuali. Nella parte immediatamente sommersa presentano modeste superfici di erosione (piattaforme di abrasione) intagliate nelle rocce del Flysch di Capo d’Orlando, che passano ad un fondale sabbioso (superficie deposizionale marina) molto esteso. La Pietra di Patti mostra coste rocciose a picco sul mare (falesie marine) alte da 1-2 m (lato occidentale e meridionale) fino a più di 10 m (lato orientale e nord-occidentale – quest’ultimo più esposto alle mareggiate). Ad un livello marino relativamente più alto è da ricondurre la modesta e discontinua piattaforma di abrasione marina emersa, larga mediamente un paio di metri, che segue il perimetro dell’isolotto e che si interrompe su una falesia abbandonata e degradata, attiva occasionalmente durante le mareggiate più intense. Lo Scoglio di Patti presenta una costa a falesia alta 1-2 m e, internamente, una piattaforma di abrasione marina emersa.

Le informazioni disponibili sugli aspetti biologici della parte emersa della Pietra di Patti sono frutto di due visite effettuate da M. Crisafulli, una di due ore (30 agosto del 2015), ed una di circa 40 minuti (5 giugno 2021). Non si dispone di dati relativi agli invertebrati; tuttavia, considerando la limitata estensione ed il fatto che buona parte della superficie della Pietra di Patti è costantemente esposta all’azione del moto ondoso, è lecito ritenere che il corpo emerso ospiti un contingente faunistico molto modesto.

Anche le informazioni sull’ambito marino sono parziali e inedite, frutto di circa 15 immersioni effettuate da G. Scotti tra il 2004 ed il 2015.

Interesse


La Pietra di Patti non ospita nessun elemento floristico né faunistico di particolare rilievo. Due specie legnose – Capparis spinosa L. subsp. rupestris (Sibth. & Sm.) Nyman e Ficus carica L. var. caprificus Risso – rappresentate rispettivamente da pochi o singoli individui. Altre specie vegetali (censite nel 2015 ma assenti nel 2021) sono Chenopodium album L., Portulaca oleracea L. s.l., e Digitaria cfr. sanguinalis (L.) Scop., tipiche di colture irrigue estive e ambiti ruderali, senza dubbio disperse da uccelli che hanno sostato negli orti suburbani della costa antistante.

La Pietra di Patti ha ospitato una coppia nidificante di gabbiano reale, Larus michahellis Neumann, sia nel 2020 sia nel 2021, mentre sono assenti altri vertebrati terrestri. Alcuni pescatori di Marina di Patti hanno osservato stazionarvi di frequente il falco pellegrino (Falco peregrinus Tunstall), ma non è stato possibile confermare la sua nidificazione sullo scoglio.

La Pietra di Patti è circondata da un fondale con sabbie fini, interrotto da grandi scogli e nuclei localizzati di Posidonia oceanica (L.) Delile. La natura del fondale e la presenza di un intenso idrodinamismo creano condizioni di notevole torbidità dell’acqua, a vantaggio di popolamenti bentonici di invertebrati filtratori come Sabella spallanzanii (Gmelin), Serpula spp. e Protula spp., che colonizzano le pareti sommerse. La comunità vegetale è caratterizzata da specie tolleranti alti tassi sedimentari quali Codium bursa (Olivi) C. Agardh e C. vermilara (Olivi) Delle Chiaje. Le ampie fessurazioni della roccia caratterizzate da una bassa luminosità ospitano i poriferi Agelas oroides (Schmidt), Spirastrella cunctatrix Schmidt, e specie perforanti quali Cliona viridis (Schmidt) e C. celata Grant. Le pareti poco illuminate esposte a nord sono colonizzate da Eunicella singularis (Esper). La fauna ittica è rappresentata da specie predatrici come Seriola dumerili (Risso), Dentex dentex (Linnaeus) e popolamenti ormai stanziali di Sphyraena viridensis Cuvier. Tra le strutture rocciose trovano rifugio specie di buon valore commerciale come saraghi (Diplodus spp.), corvine (Sciaena umbra Linnaeus), cernie (Epinephelus spp.) e scorfani (Scorpaena spp.).

Pressioni


La Pietra di Patti è inserita in un contesto morfologico di modesto valore paesaggistico causato dalla monotonia di fondali sabbiosi e rappresenta pertanto un elemento di grande attrazione per la subacquea ricreativa e la nautica da diporto. Nei mesi estivi, infatti, un elevato numero di imbarcazioni da diporto stazionano in prossimità della Pietra di Patti e dello Scoglietto di Patti, che rappresentano gli unici siti frequentati da Centri Diving e dai pescatori subacquei locali. Tuttavia, si può escludere che tale presenza costituisca un effettivo elemento di disturbo per il modestissimo popolamento biologico dell’isolotto.

Gestione e Conservazione


Attualmente l’isolotto non gode di alcuna misura di protezione. Anche per la parte sommersa non esiste alcuna forma di tutela. Per un raggio di 100 m dallo Scoglio di Patti, vige tuttavia il divieto di transito, di balneazione, di sosta e di ancoraggio di qualsiasi mezzo nautico. È vietata altresì la pesca subacquea (in apnea o con bombole), il posizionamento di attrezzi (da pesca e non) e qualsiasi altra attività marittima che comporti la presenza non autorizzata di persone o cose. Tali divieti derivano dalla presenza di numerosi ordigni bellici risalenti all’ultimo conflitto mondiale.

Bibliografia


  1. Caliri A., Carbone S., Carveni P., Catalano S., Lentini F., Strazzulla S., Vinci G. & Vinciguerra G., 1993. Carta geologica del Golfo di Patti (Sicilia settentrionale) (scala 1:25.000). S.El.Ca Firenze.
  2. Sciacca G.C., 2009. Il golfo di Patti nei viaggiatori dal XVI al XX secolo. Il Pungitopo Editrice, Marina di Patti, 384 pp.
  3. Servizio Geologico d’Italia, 2013. Foglio 599 ‘Patti’. Carta Geologica d’Italia alla scala 1:50.000, ISPRA, Regione Siciliana (https://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/599_PATTI/Foglio.html).
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ISSN 2970-2321

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ILES

Cluster : Isole del Sinis

Sottobacino : Sardegna

Isola di Mal di Ventre

Collaboratori : Giuseppe Fenu

Data di creazione : 3 Aprile 2018

Per citare questa versione :  FENU, G. (2018). Foglio dell’isola : Isola di Mal di Ventre – Sottobacino : Sardegna. Atlas of Small Mediterranean Islands. https://pimatlas.org/explorer-atlas/iles/isola-di-mal-di-ventre/

Comune Cabras
Arcipelago
Superficie (ha) 88,549
Linea costiera (metri) 6827
Distanza dalla costa (miglia nautiche) 3
Altitudine massima (metro) 18
Coordinate geografiche Latitudine 39,9904952044
Longitudine 8,3052305442
Proprietà della terra /
Organismo di gestione /
Stato di protezione nazionale /
internazionale /

Descrizione


L’Isola di Mal di Ventre costituisce l’unico residuo di un esteso affioramento granitico che in tempi remoti bordava tutta la costa occidentale della Sardegna. La sua superficie è di circa 80 ettari, presenta una altezza massima di 18 m s.l.m. e dista circa 5 miglia nautiche (9,3 km) dalla costa della Penisola del Sinis; amministrativamente ricade nel comune di Cabras.

Il basamento ercinico che attualmente affiora sull’Isola di Mal di Ventre rappresenta, insieme al promontorio di Capo Pecora, uno dei pochi affioramenti residui presenti lungo tutto il settore occidentale della Sardegna ed è rappresentato da rocce granitiche a grana medio-grossolana (Deriu & Zerbi, 1964). La sua origine geologica risale al tardo Carbonifero: le formazioni rocciose dell’isola sono infatti costituite da monzograniti equigranulari, relitto delle inclusioni plutoniche tardo-erciniche. Su tale basamento poggia tutto il complesso calco-alcalino del Montiferru, che chiude a nord la Penisola del Sinis (Forti & Orrù, 1995) a partire dalle formazioni Oligo-Mioceniche costituite da andesiti e tufi, seguite dai sedimenti marini del miocene inferiore; l’ultima unità è rappresentata dalle vulcaniti Plio-Pleistoceniche e dai depositi quaternari.

La costa orientale si presenta per lo più sabbiosa, con alcune piccole calette costituite da sabbia granitica che facilitano l’approdo. La costa occidentale invece si presenta relativamente alta e rocciosa e non offre approdi essendo esposta al vento di maestrale, che in questa parte dell’isola soffia in maniera particolarmente intensa. I fondali marini intorno all’isola si presentano prevalentemente rocciosi, con blocchi e massi arrotondati, singoli o in ammassi.

Il paesaggio dell’Isola di Mal di Ventre è pianeggiante e presenta morfologie tipiche delle litologie intrusive granitiche, le quali assumono caratteristiche forme mammellonari e tafonate dovute all’azione erosiva degli agenti atmosferici. Nella parte centrale dell’isola è presente un pozzo di acqua sorgiva, che negli ultimi anni ha lentamente perso di consistenza.

Conoscenza


L’Isola di Mal di Ventre rappresenta un importante sito dal punto di vista naturalistico, in particolare per l’avifauna essendo un ricovero per gli uccelli migratori e un sito di nidificazione per numerosi uccelli marini, tra i quali il Marangone dal ciuffo e il gabbiano corso, specie tutelate dalla Direttiva Habitat (92/43/CEE). Per contro la flora non risulta particolarmente ricca e si presenta abbastanza povera nella componente endemica; tra gli endemiti si può citare Nananthea perpusilla, paleoendemismo con areale relitto che presenta una graduale riduzione nelle aree più settentrionali. Tale specie presenta popolamenti estesi e ben conservati in situazioni dove si creano tasche di suolo ricco in materia organica e con elevato tenore di umidità durante il periodo primaverile (Fenu & Bacchetta, 2008).

Interessi


Nella parte più alta dell’isola è presente un vecchio fanale di avvistamento per segnalazione ai naviganti, da diversi anni alimentato a pannelli solari, è raggiungibile mediante una scalinata di pietra scolpita nella roccia. Inoltre, in questa parte dell’isola si può osservare un punto trigonometrico che fa parte della rete di triangoli primari utilizzati da Alberto Ferrero della Marmora nella sua straordinaria Carta dell’Isola e Regno di Sardegna, risalente al 1845 (Bocchieri, 2001)

Sull’isola sono stati rinvenuti numerosi segnali che testimoniano una lunga frequentazione da parte dell’uomo, a partire dal neolitico quando si praticava la caccia; sono stati infatti ritrovati numerosi frammenti e pezzi di punta di freccia di ossidiana, nonché frammenti di macine di epoca nuragica. Presso la Cala dei Pastori, è presente un nuraghe bilobato con un piccolo mastio, in parte franato in mare, e alcuni pozzi di cui uno con acqua sorgiva perenne.

La frequentazione umana si sarebbe consolidata prima in epoca fenicio-punica e successivamente in epoca romana, così come evidenziato dalle numerose testimonianze abitative ritrovate sull’Isola. In particolare, si segnala la presenza di una villa romana di grandi dimensioni (si ipotizza fosse la sede di un nobile esiliato da Roma nel I o II secolo d.C.), una costruzione imponente dotata di vasche e una fontana, nella quale erano presenti anche delle colonne di calcare, rubate nel corso di questi ultimi anni. Dietro la capanna chiamata “dei pescatori”, è possibile vedere centinaia di massi frammisti a pezzi di embrici e cocci appartenenti a manufatti di varia epoca e funzione.

Inoltre, di grande interesse sono i numerosi relitti di imbarcazioni di varie epoche che si trovano sui fondali attorno all’Isola, tali relitti sono la testimonianza principale del nome stesso dell’Isola, infatti “Malu Entu” in sardo significa “vento cattivo” ed è legato ai repentini cambiamenti delle condizioni meteo-marine, influenzate sia dal vento dominante di maestrale che dalle brezze termiche determinate dalla relativa vicinanza alla Sardegna.

Pressioni


Non vi sono forti pressioni, attualmente l’Isola è disabitata, anche se è frequentata dai turisti, soprattutto durante la stagione estiva, che la raggiungono dalle spiagge di Mari Ermi e Putzu Idu mediante piccole imbarcazioni da diporto. Nel recente passato è stata frequentata da pescatori di corallo, provenienti da Alghero che pescavano a ridosso dello scoglio del Catalano, e da alcuni pastori che, servendosi delle barche dei pescatori stessi, portavano le pecore in transumanza a pascolare sull’Isola nel periodo invernale e primaverile.

Gestione / conservazione


L’Isola di Mal di Ventre è parte integrante dell’Area Marina Protetta “Penisola del Sinis – Isola Mal di Ventre” (sito web Area Marina Penisola del Sinis – Isola Mal di Ventre).

L’area Marina Protetta Penisola del Sinis – Isola di Mal di Ventre


L’Area Marina Protetta Penisola del Sinis – Isola di Mal di Ventre è stata istituita in base alla Legge 979 del 1982, integrata dalla Legge 394 del 1991, con decreto del Ministero dell’Ambiente del 12 dicembre 1997, rettificato con il decreto Ministeriale del 17 Luglio 2003. A seguito di un percorso di revisione del perimetro dell’area marina, i precedenti decreti sono stati aggiornati con il decreto ministeriale del 20 Luglio 2011, che ridefinisce la perimetrazione attuale dell’area marina protetta, e con il decreto ministeriale n. 188 del 20 Luglio 2011, cosiddetto regolamento di disciplina delle attività consentite all’interno dell’area protetta.

Secondo l’ultimo Decreto Ministeriale, l’Area Marina Protetta occupa una superficie di circa 25 mila ettari e si estende da Mare Morto (all’interno del Golfo di Oristano) fino alle falesie di Su Tingiosu da un lato, mentre dall’altro si spinge fino a inglobare l’Isola di Mal di Ventre a nord e lo scoglio del Catalano a Sud, tutto all’interno del territorio di Cabras. L’Area Marina Protetta è suddivisa in zone con diversi gradi di tutela: esistono tre zone a protezione crescente (C, B, A) alle quali corrisponde un diverso grado di utilizzo finalizzato alla fruizione sostenibile dell’area.

Le zona di tutela integrale (Zona A), di estensione limitata, comprende la parte settentrionale dell’Isola di Mal di Ventre e lo scoglio del Catalano. In tali siti si ha un elevato livello di protezione e non è consentita alcuna attività, neppure il transito; è consentito solo l’accesso ai mezzi e al personale autorizzati per svolgere attività di ricerca e sorveglianza.

La zona di riserva (Zona B) è soggetta a una tutela generale che prevede una regolamentazione da parte dell’Ente Gestore dell’uso sostenibile delle risorse, il controllo dei permessi e la disciplina dei metodi di utilizzo.

Infine, nella zona di riserva parziale (Zona C) sono consentite tutte le attività che non entrano in conflitto con le finalità istitutive dell’area marina, sempre secondo le modalità stabilite dall’Ente Gestore, alcune delle quali previa autorizzazione (sito web Area Marina Penisola del Sinis – Isola Mal di Ventre).

Riferimenti

AA.VV., 2008. Piano di Gestione SIC / ZPS “Isola di Mal di Ventre” e SIC “Catalano”. Comune di Cabras.

Sito web Area Marina Penisola del Sinis – Isola Mal di Ventre: http://www.areamarinasinis.it/

Giuseppe Fenu

Il relitto di Mal di Ventre


Una delle scoperte subacquee più significative effettuate nelle acque sarde è quella di un relitto di età romana individuato nel braccio di mare compreso tra la costa del Sinis e l’Isola di Mal di Ventre. Nell’area, che risulta assai pericolosa per la navigazione a causa del forte vento di maestrale e della rapidità con cui variano le condizioni meteo-marine, sono presenti numerosi relitti, ma tra questi il più importante, per la natura del carico, è quello che dal 1989 al 1996 è stato oggetto di numerose campagne di scavo da parte della Soprintendenza Archeologica di Cagliari e Oristano (sito web Area Marina Penisola del Sinis – Isola Mal di Ventre).

La nave, situata ad una profondità di circa 30 m e a una distanza di circa 6 miglia nautiche dalla costa e a poco più di 1 miglio a sud-est dell’Isola di Mal di Ventre, deve la sua importanza al carico costituito interamente da lingotti di piombo, unico caso finora documentato nel Mediterraneo. Dello scafo si conserva solo la parte centrale della chiglia che occupa un’estensione di circa 10 m2. A causa della carenza di risorse finanziarie adeguate per il trattamento e la conservazione dei resti lignei, si è deciso di lasciare lo scafo in loco e di rimandarne il recupero e per tale ragione il relitto può essere ancora visitato nella sua localizzazione originaria.

Il carico è costituito da circa un migliaio di lingotti di piombo, tutti di sezione trapezoidale, con il dorso superiore leggermente bombato e del peso di circa 33 kg. Ancora oggi si possono osservare numerosi lingotti allineati e impilati nella posizione originaria, fatto che porta a ipotizzare un affondamento lento della nave, senza il rovesciamento del carico. I lingotti, in buono stato di conservazione, sono dotati di cartiglio epigrafico che riporta con caratteri ben leggibili il nome dei produttori. In prossimità del relitto sono state recuperate anche quattro ancore di piombo, con ceppi decorati con un delfino e quattro astragali contrapposti a rilievo, oltre che tre ancorotti, due scandagli, tubi in piombo, uno dei quali riferito alla pompa di sentina, alcune macine in pietra vulcanica, anfore da trasporto e circa 200 proiettili in piombo.

In collaborazione con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e con il CNR di Pisa sono state effettuate numerose analisi sui lingotti che hanno dimostrato l’eccezionale purezza del metallo, riconducibile alle zone minerarie della Sierra di Cartagena (Spagna), area da cui verosimilmente proveniva la nave; rimane invece sconosciuta la sua destinazione finale. Dal punto di vista cronologico, l’esame dei materiali ha consentito di datare l’affondamento tra l’89 e la metà del I sec. a.C. (sito web Area Marina Penisola del Sinis – Isola Mal di Ventre).

Riferimenti

Sito web Area Marina Penisola del Sinis – Isola Mal di Ventre: http://www.areamarinasinis.it/

Giuseppe Fenu

Riferimenti


  1. AA.VV., 2008. Piano di Gestione SIC / ZPS “Isola di Mal di Ventre” e SIC “Catalano”. Comune di Cabras.

  2. Deriu M. & Zerbi M., 1964. Notizie sulla costituzione geopetrografica dell’Isola di Mal di Ventre. Ateneo Parmense, Acta Naturalia, 35: 113-143.

  3. Fenu G. & Bacchetta G., 2008. La flora vascolare della Penisola del Sinis (Sardegna Occidentale). Acta Botanica Malacitana, 33: 91-124.

  4. Forti S. & Orru P., 1995. Geomorfologia costiera e sottomarina della Penisola del Sinis (Sardegna Occidentale). Bollettino della Società Geologia Italiana, 114: 3-21.

  5. Sito web Area Marina Penisola del Sinis – Isola Mal di Ventre: http://www.areamarinasinis.it/

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ISSN 2970-2321

Cette fiche a été rédigée dans le cadre du projet d’Atlas encyclopédique des Petites Iles de Méditerranée, porté par le Conservatoire du Littoral, l’Initiative PIM, et leurs nombreux partenaires.
This sheet has been written as part of the encyclopedic Atlas of the Small Mediterranean Islands project, carried out by the Conservatoire du Littoral, the PIM Initiative and their numerous partners.
(https://pimatlas.org)

ILES

Cluster : Isole dell’Iglesiente

Sottobacino : Sardegna

Isola di Pan di Zucchero

Collaboratori : Marco Porceddu

Data di creazione : 3 Aprile 2018

Per citare questa versione :  PORCEDDU, M. (2018). Foglio dell’isola : Isola di Pan di Zucchero – Sottobacino : Sardegna. Atlas of Small Mediterranean Islands. https://pimatlas.org/explorer-atlas/iles/isola-di-pan-di-zucchero/

Comune Iglesias
Arcipelago /
Superficie (ha) 4,99746
Linea costiera (metri)
Distanza dalla costa (miglia nautiche)
Altitudine massima (metro) 133
Coordinate geografiche Latitudine 39,3338933659
Longitudine 8,4000012909
Proprietà della terra /
Organismo di gestione /
Stato di protezione nazionale /
internazionale /

Descrizione


L’Isola del Pan di Zucchero si trova nel territorio comunale di Iglesias (Provincia del Sud Sardegna) ed è situata a poca distanza dalla costa e dalla falesia di Porto Flavia. L’Isola copre un’area di circa 5 ettari, presenta una lunghezza di circa 400 metri e una quota compresa tra i 90 e 133 m s.l.m. (Bocchieri, 1990).

Dal punto di vista morfologico, il Pan di Zucchero è in forma di croce greca e caratterizzato prevalentemente da pareti alte e a picco sul mare, visto dall’alto appare come un plateau inclinato verso est. Geologicamente i substrati sono riferibili alla Formazione di Gonnesa. La parte alta dell’Isola risulta parzialmente coperta da terre rosse che si creano per eluviazione del calcare a causa dell’acqua piovana (Bocchieri, 1990; Carmignani et al., 1982; Cesaraccio et al., 1986).

Conoscenza


M. Porceddu

A livello floristico, sono state censite 37 specie, riconducibili a 17 famiglie e 32 generi; le famiglie più abbondanti sono le Asteraceae, Liliaceae e Poaceae, che rappresentano circa il 50% della flora osservata (Bocchieri, 1990). Si segnala la presenza di piante endemiche e di interesse fitogeografico, tra cui Brassica insularis (specie inclusa nell’allegato II della Direttiva 92/43/CEE), Bellium bellidioides, Bellium crassifolium, Hyoseris lucida subsp. taurina, Silene martinolii, Seseli praecox e Limonium merxmuelleri subsp. sulcitanum (Bocchieri, 1990).

A causa della sua conformazione e posizione, il Pan di Zucchero non si presta ad ospitare un rilevante contingente faunistico. Tuttavia, occasionalmente possono essere rinvenute alcune specie di uccelli inserite nell’allegato I della Direttiva 2009/147/CE, tra cui il marangone dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis subsp. desmarestii), la berta maggiore (Calonectris diomedea), il gabbiano corso (Ichthyaetus audouinii), il passero solitario (Monticola solitarius) (RAS, 2014). Inoltre, dalla costa è possibile osservare la presenza, spesso massiccia, del gabbiano reale (Larus michahellis). Per i rettili sono state ad oggi rilevate due specie, la lucertola tirrenica (Podarcis tiliguerta), specie endemica, e il gongilo (Chalcides ocellatus), ambedue sono incluse in Direttiva  Habitat 92/43/CEE (Corti et al., 2006).

Interessi


Porto Flavia, M. Porceddu

Nella parte più alta dell’isola è presente un vecchio fanale di avvistamento per segnalazione ai naviganti, da diversi anni alimentato a pannelli solari, è raggiungibile mediante una scalinata di pietra scolpita nella roccia. Inoltre, in questa parte dell’isola si può osservare un punto trigonometrico che fa parte della rete di triangoli primari utilizzati da Alberto Ferrero della Marmora nella sua straordinaria Carta dell’Isola e Regno di Sardegna, risalente al 1845 (Bocchieri, 2001)

Pan di Zucchero è un’isola completamente disabitata dall’uomo e, oltre ad avere un notevole valore naturalistico, possiede un’importantissima rilevanza testimoniale del passato minerario del Sulcis-Iglesiente. Infatti, sulla base dei reperti rinvenuti sull’Isola è possibile individuare un percorso che i minatori avevano tracciato durante le attività di ricerca e coltivazione mineraria e che utilizzavano per salire sulla sommità del Pan di Zucchero. Nell’Isola si segnalano la presenza di tre grotte, dichiarate come Bene Paesaggistico Ambientale ex art.143 D.Lgs. n.42/2004 e ai sensi Artt.8, 17 e 18 delle NTA del P.P.R.: grotte e caverne (RAS, 2014).

Pressioni


Barche e ormeggi, M. Porceddu

Sull’isola non sono presenti pressioni e minacce di natura antropica.

L’isola in generale appare non essere soggetta a particolari pressioni e si trova in uno stato di conservazione buono. Tuttavia, le pratiche di arrampicata sportiva, nell’esercizio di apertura di nuove vie di esplorazione (spesso con azioni di rimozione della vegetazione), possono creare una minaccia per alcune specie di elevata importanza conservazionistica; tali pratiche dovrebbero quindi essere regolamentate.

Gestione / conservazione


Pan di Zucchero è incluso  nella Zona Speciale di Conservazione (ZSC) “Costa di Nebida” (ITB040029). Ai sensi della Direttiva Habitat 92/43/CEE, le formazioni vegetali presenti sull’isola sono riconducibili principalmente all’habitat di interesse comunitario 1240 – Scogliere con vegetazione delle coste mediterranee con Limonium spp. endemici.

Il Pan di Zucchero (insieme ai Faraglioni di Masua), per il suo particolare pregio naturalistico e scientifico, viene dichiarato dalla Regione Autonoma della Sardegna, un Monumento Naturale ai sensi della Legge Regionale 31/89 che deve essere conservato nella sua integrità. La stessa L.R. istituisce la Riserva Naturale di Nebida, che include l’Isola di Pan di Zucchero.

I Monumenti Naturali della Sardegna


Un Monumento Naturale rappresenta un elemento del paesaggio naturale con peculiarità di tipo vegetale, geologico, geomorfologico, paleontologico e idrico che debbono essere conservati nella loro integrità.

In Sardegna, i Monumenti Naturali istituiti ai sensi L.R. n. 31/89 sono: 

Agrifoglio di Desulo: ubicato in località Funtanas, con una circonferenza alla base del fusto di circa 5 m. ed un’altezza di circa 13 m. è il più grande Ilex aquifolium selezionato tra gli alberi monumentali presenti nei territori.

Arco e Punta sa Berritta-Supràppare: costituiscono due uniche formazioni di granito aventi simili dimensioni, situate a breve distanza nella zona sommitale del Monte Limbara. La prima unità è costituita da un Arco di roccia, mentre Punta Sa Berritta-Supràppare può essere definita come un “Tor”.

Basalti colonnari di Guspini: il Monte Cépera è un piccolo cono basaltico originatosi dalle manifestazioni vulcaniche plio-quaternarie. Il fronte di cava mostra un affioramento di prismi basaltici verticali alti una ventina di metri.

– Canal Grande di Nebida: nella caletta Porto di Canal Grande si apre una grotta naturale parzialmente sommersa dal mare scavata nei calcescisti arenacei intercalati nelle metarenarie del Cambriano.

– Carpino Nero di Seui: il grande Ostrya carpinifolia del Rio Ermolinus presenta delle dimensioni notevoli con un’altezza di circa 2 m. e una circonferenza di circa 4 m.

Castagno di Bortigiadas: l’individuo di Castanea sativa, sito a Bortigiadas, è stato individuato per le notevoli dimensioni, infatti presenta un’altezza di circa 18 m. e un diametro di circa 5 m.

Crateri vulcanici del Meilogu-Monte Annaru: le forme vulcaniche basaltiche presenti nel Meilogu-Logudoro sono varie e la L.R. 31/89 ne seleziona cinque: Colle S. Bainzu, Monte Pélao, Monte Pubulena, Monte Ruju e Monte Annaru.

Domo Andesitico di Acquafredda: il domo lavico di Siliqua è la più eminente fra le strutture vulcaniche allineate al margine meridionale della Piana del Cixerri.

La grotta di San Giovanni: situata nel territorio di Domusnovas, si tratta di un notevole esempio di galleria di attraversamento scavata nei calcari più antichi dell’isola, dove al suo interno si possono ammirare stalattiti, stalagmiti e grandi vasche calcaree sovrapposte a formare delle cascate di roccia.

Leccio di Pradu: il Quercus ilex di Cuile Fruncu Ena dell’altopiano di Pradu, con un’altezza di circa 18 m. e una circonferenza di circa 3,70 m., è stato scelto come rappresentante dei lecci di notevoli dimensioni presenti nel Supramonte di Orgosolo.

Le Colonne: coppia di faraglioni di ignimbrite riolitica con giacitura suborizzontale e fessurazione colonnare situate presso la punta meridionale dell’Isola di San Pietro.

Monte Pulchiana: si tratta di un inselberg e rappresenta il monolite granitico più grande della Sardegna.

Muru Cubeddu: il giacimento fossilifero di Nureci è caratterizzato da affioramenti di rocce sedimentarie di ambiente marino risalenti al Miocene, che documentano in modo esemplare gli eventi geologici e paleontologici che hanno interessato il Sarcidano e la Marmilla.

– Olivastro Millenario di Luras: considerato il rappresentante di diversi ulivi millenari presenti in località “Santu Baltolu” regione “Carana”, con un’età stimata compresa tra i tremila e quattromila anni.

Oliveto Storico S’Ortu Mannu: si presenta come un tipico oliveto costituito da alberi secolari dai tronchi contorti e nodosi, la cui circonferenza misura in media circa 10 m.

Olivo millenario di Sini: grande albero con una circonferenza alla base del fusto di circa 13 m. e un’altezza di oltre 15 m., è il rappresentante di diversi alberi di ulivo millenari localizzati in agro del comune di Sini.

Orso di Palau: il promontorio di Capo d’Orso, classificabile come “Tor”, prende il nome da una forma di erosione che ricorda la sagoma di un orso.

Pan di Zucchero Faraglioni di Masua: splendido scoglio di calcare cambrico originatosi dall’erosione marina, appare come l’avamposto settentrionale di un corteggio allineato di scogli minori strutturalmente collegati tra loro, due di essi denominati faraglioni del Morto e di S’Agusteri.

Perda ‘e Liana: il tacco dell’Ogliastra rappresenta il più imponente testimone dell’erosione calcareo-dolomitico della copertura carbonatica del Giurese.

Roverella di Illorai: il Quercus pubescens di Illorai è il rappresentante di alcuni tra i più grandi alberi monumentali esistenti in Sardegna, presenta un’altezza di circa 29 m. e una circonferenza al colletto di circa 12 m.

Sa Preta Istampata: grande parete alta circa 40 m. con un foro quasi perfettamente circolare nella parte superiore, costituisce una delle emergenze rocciose del settore meridionale del Monte Tuttavista di Galtellì.

Sa Roda Manna: piccola formazione forestale di forma circolare, costituita in larga prevalenza da esemplari di Ilex aquifolium vetusti, che costituisce il lembo residuo di ampie foreste che in passato ricoprivano il monte di Sant’Antonio e il Montiferru.

Scala di San Giorgio di Osini: identifica il passo montano che attraversa l’orlo del Tacco di Osini in corrispondenza di un valico inciso da una combinazione di diaclasi in grandi bancate dolomitiche orizzontali nelle quali, le pareti verticali intagliate nel calcare, formano lunghe fessure che raggiungono i 100 m. di altezza.

Sorgente di Su Gologone: situata alle falde del Supramonte di Oliena, presso la riva destra del fiume Cedrino, rappresenta la principale emergenza naturalistica di un vasto sistema carsico ritenuto il più importante della Sardegna.

– Su Corongiu de Fanari: localizzato in agro del comune di Masullas, si presenta come un affioramento di un megapillow andesitico con una caratteristica forma a rosone ed è ascrivibile al primo ciclo sedimentario marino miocenico.

Su Stampu e Su Turrunu: singolare tunnel che si sviluppa nelle rocce giurassiche e che sfocia in una piccola grotta che si affaccia sul torrente su Longufresu.

Su Suercone: dolina di origine carsica situata nel vasto altopiano di calcare mesozoico del Supramonte di Orgosolo.

S’Archittu di Santa Caterina: scogliera di pregevole bellezza costituita da calcari sedimentari del miocene medio, articolati in promontori e cale, e situata nell’area meridionale costiera della regione del Montiferru.

Tassi di Sos Niberos: la foresta di Sos Niberos è composta da oltre 1000 Taxus baccata di cui diversi plurisecolari, l’esemplare di maggiori dimensioni ha un’altezza di 11 m. e un diametro a 1 m. dal suolo di circa 7,5 m.

Texile di Aritzo: è un tacco calcareo del Giurese a forma di fungo sbrecciato, che sorge come un blocco dalle pareti verticali ed in parte strapiombanti, su un rilievo coniforme modellato nel complesso scistoso del Paleozoico.

Riferimenti

SardegnaAmbiente, 2021. Monumenti naturali, Provvedimenti istitutivi. https://portal.sardegnasira.it/web/sardegnaambiente/monumenti-naturali.

Marco Porceddu

Riferimenti


  1. Bocchieri E., 1990. Some herborizations on the islet of Pan di Zucchero (Sardinia W-SW). Plant Biosystem, 124: 615-621.

  2. Carmignani L., Cocozza T., Gandin A. & Pertusati P.C., 1982. Guida alla geologia del Paleozoico Sardo. Società Geologica Italiana, 215 pp. Bologna.

  3. Cesaraccio M., Puxeddu C. & Ulzega A., 1986. Geomorfologia della fascia costiera tra Buggerru e Portixeddu nella Sardegna sud occidentale. Rendiconti del Seminario della Facoltà di Scienze dell’Università di Cagliari, 56: 75-89.

  4. Corti C., Lo Cascio P., Razzetti E., 2006. Erpetofauna delle isole italiane. In: Sindaco R., Doria G., Razzetti E., Bernini F. (eds), Atlante degli Anfibi e dei Rettili d’Italia / Atlas of Italian Amphibians and Reptiles. Societas Herpetologica Italica, Edizioni Polistampa, Firenze, 792 pp.

  5. RAS, 2014. Piano di gestione del SIC “ITB040029 Costa di Nebida”.

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ISSN 2970-2321

Cette fiche a été rédigée dans le cadre du projet d’Atlas encyclopédique des Petites Iles de Méditerranée, porté par le Conservatoire du Littoral, l’Initiative PIM, et leurs nombreux partenaires.
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(https://pimatlas.org)

ILES

Cluster : Isole della Costa del Sud

Sottobacino : Sardegna

Isola Rossa di Punta Niedda

Collaboratori : Maria Silvia Pinna

Data di creazione : 3 Aprile 2018

Per citare questa versione :  PINNA, M. (2018). Foglio dell’isola : Isola Rossa di Punta Niedda – Sottobacino : Sardegna. Atlas of Small Mediterranean Islands. https://pimatlas.org/explorer-atlas/iles/isola-rossa-di-punta-niedda/

Comune Teulada
Arcipelago Isole della Costa del Sud
Superficie (ha) 10,9848
Linea costiera (metri) 1715
Distanza dalla costa (miglia nautiche)
Altitudine massima (metro) 54
Coordinate geografiche Latitudine 38,9145691403
Longitudine 8,7164817382
Proprietà della terra /
Organismo di gestione /
Stato di protezione nazionale /
internazionale /

Descrizione


L’Isola Rossa di Punta Niedda, sita nel comune di Teulada ha una superficie di 109.848 m2. Presenta uno sviluppo costiero di 1.715 m e un’altitudine di 54 m s.l.m. (Bocchieri & Iiriti, 2000).

L’Isola, inserita all’interno del Golfo di Teulada, costituisce l’emersione della propaggine del promontorio di Punta di Levante. È formata da un unico ammasso di rocce paleozoiche di colore rosso (granodioriti monzogranitiche equigranulari con piccole manifestazioni filoniane), dalle quali prende il nome, e presenta una morfologia acclive. I venti dominanti provengono dal II quadrante, anche se il Maestrale è il vento che spira con maggior frequenza.

L’area dell’isola ricade nel macrobioclima Mediterraneo, bioclima Mediterraneo pluvistagionale oceanico (MPO), termotipo termo-mediterraneo e ombrotipo secco-inferiore (Bocchieri & Iiriti, 2000).

Conoscenza


A livello floristico è presente una significativa diversità floristica (206 entità comprese in 59 famiglie e 157 generi) e un ricoprimento vegetale abbastanza integro. A livello corologico la flora è costituita per il 75% da specie mediterranee, mentre la presenza delle endemiche è limitata a 5 taxa: Bryonia marmorata, Limonium retirameum, Limonium tigulianum, Romulea requienii e Silene martinolii (Bocchieri & Iiriti, 2000).

La componente faunistica di maggiore importanza nell’isola è rappresentata dall’avifauna, con colonie nidificanti di berta maggiore (Calonectris diomedea) e gabbiano corso (Ichthyaetus audouinii) e dalla presenza della popolazione micro-insulare di Podarcis tiliguerta, lucertola endemica del complesso sardo-corso (Corti et al., 2006).

Silene martinolii

Maria Silvia Pinna


Silene martinolii è un’erba annua, divaricato-ramosa alla base, a rami ascendenti, alta 70-80 cm, pelosa sul fusto e glanduloso vischiosa nella parte superiore. Le foglie sono da lanceolate a lineari, opposte, connate, 1(3) nervie. L’infiorescenza è terminale a monocasio, pauciflora, con fiori da brevemente pedicellati a subsessili, da eretti a eretto-patenti. Il calice è tubuloso, lungo 9-13 mm, con 10 nervi collegati da nervi trasversali e 5 denti triangolari, scarioso-ciliati al margine, di 2-3 mm. La corolla, lunga meno della metà del calice, è formata da 5 petali bianco-rosei, con lembo sporgente, di 4 mm, obovato e smarginato all’apice; unghia auricolata e fauce con squame erette. Stami 10 bianchi, quelli alterni ai petali villosi sino a metà, gli altri poco villosi o glabri. Antere oblunghe, dorsifisse e rosso porporine. Stili 3, bianchi, e ovario giallo-verde. Carpoforo lungo 1,5-2 mm. Capsula granulosa, giallo-lucida, con numerosi semi bruno-neri, striati-reniformi, con dorso calaniculato e verrucoso. La fioritura è tardo-vernale, nel periodo maggio-giugno.

Specie eliofila, termofila e subalofila, affine e vicariante di Silene neglecta, è annoverata tra le vicarianti popolazionali di Silene nocturna. L’areale della specie era considerato inizialmente limitato all’Isola del Toro, in cui la specie si insedia negli anfratti rocciosi e nei pianori dove forma estesi popolamenti in associazione con Hyoseris taurina e Carduus fasciculiflorus. Attualmente la specie è segnalata come endemica delle Isole del Toro, della Vacca, Rossa e Pan di Zucchero (Bocchieri & Mulas, 1988; Arrigoni, 2010). Non si hanno invece informazioni sui syntaxa cui la specie partecipa.

Nello studio della flora dell’Isola Rossa, Bocchieri & Iiriti (2000) hanno indicato la presenza di Silene martinolii nelle zone costiere meridionali e occidentali dell’isola, dove vegeta rara e poco abbondante. La principale minaccia per la specie è dovuta alle conseguenze del ruscellamento sui suoli poco profondi dove essa cresce (in particolare nel settore meridionale), che nel tempo potrebbero comportare una diminuzione del numero degli individui ivi presenti. Altra minaccia è rappresentata dalla presenza delle colonie di gabbiano corso (Ichthyaetus audouinii), che costruiscono il nido tra i pratelli e negli anfratti dove vegeta la specie; il calpestio generato dai gabbiani durante la cova non permette agli individui della specie di portare a termine il proprio ciclo vitale.

Riferimenti

Arrigoni P.V., 2010. Flora dell’Isola di Sardegna, vol. 2, C. Delfino ed., Sassari: pp. 624.

Bocchieri E. & Mulas M.B., 1988. Una nuova specie del genere Silene raccolta nell’isola del Toro (Sardegna sud occidentale). Bollettino della Società Sarda di Scienze Naturali, 26: 299-303.

Bocchieri E. & Iiriti G., 2000. Modificazioni e strategie competitive osservate Nella flora dell’isola rossa di Teulada (Sardegna sud occidentale). Rendiconti Seminario Facoltà Scienze Università Cagliari, 70: 293-332.

Interessi


L’Isola Rossa è stata frequentata dall’uomo fin dal Neolitico (V-III millennio a. C), questo dato è testimoniato dal ritrovamento di manufatti in pietra all’interno dei ripari sotto roccia. Per i periodi successivi, si documenta la presenza di una grande muraglia probabilmente costruita in epoca nuragica (2000-1200 a.C). L’isola fu poi utilizzata come base dai Barbareschi durante le loro scorrerie lungo le coste sarde. Nel 1881 fu venduta dal demanio a un privato cittadino, tuttavia rimase inutilizzata fino al 1909, quando vi fu impiantata una cava di pietre per edilizia (Bocchieri & Iiriti, 2000).

Pressioni


   

Le principali pressioni rilevate per l’Isola Rossa sono costituite dal pascolo e, soprattutto, dalle condizioni climatiche di aridità. Inoltre, tra i fattori di minaccia vi sono le esercitazioni militari (svolte dal poligono militare di Capo Teulada) e il passaggio di petroliere legato alla presenza di un impianto di raffineria nell’area di Sarroch (Bocchieri & Iiriti, 2000).

Gestione / conservazione


         

L’Isola Rossa è inserita nel Sito di Importanza Comunitaria “Isola Rossa e Capo Teulada” ITB040024. Gli habitat (sensu Dir. 92/43/CEE) presenti nel territorio sono: 1120* – Praterie di Posidonie (Posidonion oceanicae); 1240 – Scogliere con vegetazione delle coste mediterranee con Limonium spp. endemici; 5330 – Arbusteti termo-mediterranei e pre-desertici (in particolare il sottotipo 32.22, cenosi a dominanza di Euphorbia dendroides; MATTM, 2014).

Riferimenti


  1. Bocchieri E. & Iiriti G., 2000. Modificazioni e strategie competitive osservate Nella flora dell’isola rossa di Teulada (Sardegna sud occidentale). Rendiconti Seminario Facoltà Scienze Università Cagliari, 70: 293-332.

  2. Corti C., Lo Cascio P., Razzetti E., 2006. Erpetofauna delle isole italiane. In: Sindaco R., Doria G., Razzetti E., Bernini F. (eds), Atlante degli Anfibi e dei Rettili d’Italia / Atlas of Italian Amphibians and Reptiles. Societas Herpetologica Italica, Edizioni Polistampa, Firenze, 792 pp.
  3. MATTM, 2014. Sito internet ftp://ftp.dpn.minambiente.it/cartografie/natura2000/ (accesso 25.09.2016).

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