ISSN 2970-2321

Cette fiche a été rédigée dans le cadre du projet d’Atlas encyclopédique des Petites Iles de Méditerranée, porté par le Conservatoire du Littoral, l’Initiative PIM, et leurs nombreux partenaires.
This sheet has been written as part of the encyclopedic Atlas of the Small Mediterranean Islands project, carried out by the Conservatoire du Littoral, the PIM Initiative and their numerous partners.
(https://pimatlas.org)

ISOLE

Cluster : ARCIPELAGO EOLIANO

Sottobacino : SICILIA

Alicudi

Scritto da : Salvatore Pasta ; Pietro Lo Cascio

Data di creazione : 27/05/2021

Per citare questa versione :  PASTA, S., LO CASCIO, P. (2021). Foglio dell’isola : Alicudi – Sottobacino : Sicilia. Atlas of Small Mediterranean Islands. https://pimatlas.org/alicudi/

Source : Bing Maps
Comune Lipari
Arcipelago Aeolian Archipelago
Area (ha) 520
Costa (metri) 8200
Distanza dalla costa (miglio nautico) 0,01
Altitudine massima (metri) 675
Coordinate geografiche Latitudine 38,543119
Longitudine 14,353833
Proprietà della terra /
Organo di gestione /
Stato di protezione nazionale /
internazionale /

Descrizione


Estremo lembo occidentale dell’arcipelago eoliano, Alicudi (il cui nome deriva dal greco Erykodes, “isola delle eriche”) sorge a 52,5 km di distanza dalla costa settentrionale della Sicilia, ha una superficie di 5,1 km2 e raggiunge l’altezza massima di 676 m s.l.m. (Montagnole). Non possiede un vero e proprio centro abitato, ma un tessuto residenziale sparso, esteso dalla costa fino a 480 m s.l.m. lungo il versante orientale, che comprende le contrade di Porto, Tonna, Pianicello, Bazzina, Sgurbio, Castello, Mulino e Montagna. La popolazione conta 154 residenti (dati 12/2015) e durante la stagione estiva subisce un incremento del 150-200%; in passato (nel 1911) erano stati censiti fino a 813 abitanti, ma la comunità ha subìto un forte declino a causa della drammatica recessione economica che ha colpito le isole durante la prima metà del XX secolo, principalmente legata alla crisi dell’agricoltura. I dati archeologici indicano la presenza di un insediamento già durante il Bronzo antico (prima metà del II millennio a.C.) e ancora in età greca e romana; una fase di più intensa antropizzazione, tuttavia, si verificò a partire dal XVII secolo, quando l’isola venne ripopolata e vennero realizzati sistemi agricoli a terrazze su circa 2/3 della sua superficie, oggi in larga parte abbandonati. L’odierna risorsa economica principale è infatti rappresentata dal turismo; rispetto ad altre isole, Alicudi mantiene tuttora caratteri conservativi: non esiste una rete stradale carrozzabile e la centrale elettrica è stata attivata soltanto a metà degli anni Novanta.

L’isola rappresenta la porzione subaerea di uno strato-vulcano il cui diametro basale si estende per circa 15 km e che si sviluppa da fondali posti a –1400 m; la storia geologica si articola in sei distinte epoche, comprese tra 106000 e 28000 anni fa, durante le quali si sono alternate fasi eruttive – sia esplosive, sia effusive – e collassi vulcano-tettonici, che hanno dato luogo alla formazione di caldere ancora oggi visibili nella zona sommitale. La morfologia è caratterizzata da sensibili differenze tra il settore Est e Sud, dove i versanti degradano verso il mare con un’inclinazione costante di 25-30°, e quello Nord e Ovest, che mostra pendii frastagliati e scoscesi per effetto di intensi processi erosivi tuttora attivi.

Stato delle conoscenze


Visitata per la prima volta da D. Dolomieu nel 1783 e da L. Spallanzani nel 1788, l’isola vanta una lunga storia di esplorazione naturalistica: nel maggio 1828 vi soggiorna G. Gussone, che pubblicherà le prime – e, per lungo tempo, le uniche – informazioni floristiche nelle opere dedicate alla Sicilia e alle isole circumsiciliane. Durante il XIX secolo vengono effettuate altre raccolte da D. Reina su incarico di V. Tineo, allora direttore dell’Orto Botanico di Palermo, e del malacologo L. Benoit. Tali spedizioni portano alla scoperta dell’interessante endemita Oxychilus alicurensis (Benoit); nuove indagini zoologiche vengono compiute nel 1878 da E.H. Giglioli, mentre all’inizio del Novecento l’isola viene visitata brevemente da M. Lojacono-Pojero, che riporta numerosi riferimenti di Alicudi nei volumi della sua “Flora Sicula”. Negli anni Cinquanta materiale erpetologico viene raccolto da A. Trischitta per conto di R. Mertens, responsabile delle collezioni del Museo Senckenberg di Francoforte sul Meno. Un forte impulso alla conoscenza biologica dell’isola viene dato tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta, nel corso delle campagne sulle “Piccole Isole” promosse dal CNR: i risultati riguardano numerosi gruppi zoologici, tra i quali particolare interesse rivestono i molluschi terrestri (F. Giusti), i coleotteri carabidi (M. Magistretti) e gli uccelli (E. Moltoni e S. Frugis), mentre L. Di Benedetto realizza il primo censimento floristico completo dell’isola. Alla fine degli anni Settanta B. Massa effettua i primi censimenti della colonia di Falco eleonorae Gené, aggiornati successivamente da A. Corso e da P. Lo Cascio. Quest’ultimo ha inoltre ampliato le conoscenze sulla fauna invertebrata, realizzando periodici campionamenti a partire dal 1995, e sull’avifauna, che si aggiungono ai dati (per i quali è disponibile una rassegna completa a cura di B. Massa e collaboratori) raccolti durante gli anni Ottanta da vari ornitologi. Un decennio più tardi (aprile 1995), nel corso del suo dottorato dedicato alle isole circum-siciliane, S. Pasta raccoglie nuovi dati sulla flora locale e scopre la presenza di Silene hicesiae Brullo & Signorello e Cytisus aeolicus Guss., specie endemiche delle Eolie.

Notizie sulla geologia di Alicudi erano state riportate da Dolomieu, Cortese, Sabatini, Bergeat, Keller, ma la prima carta geologica dell’isola, basata prevalentemente su dati petrochimici, viene realizzata da Villari e Nappi nel 1975 e aggiornata da Villari nel 1980. Gli studi condotti negli anni Ottanta-Novanta da Manetti e collaboratori portano ad una nuova interpretazione dell’evoluzione geo-vulcanologica dell’isola, basata questa volta su un approccio stratigrafico. I nuovi dati e la nuova chiave di lettura portano alla realizzazione di una nuova carta ad opera di Lucchi e collaboratori nel 2008. Tale elaborato contiene sostanziali revisioni riguardo alle datazioni e ai rapporti stratigrafici. Infine, negli ultimi anni Leocat ha ricalibrato alcune datazioni e rivisto la storia eruttiva dell’apparato di Alicudi.

Interesse


Alicudi presenta una modesta eterogeneità ambientale: mancano infatti quasi del tutto gli habitat caratteristici di contesti costieri e quelli che individuano la maggior parte delle formazioni forestali e pre-forestali esistenti nel resto dell’arcipelago. Gran parte della superficie dell’isola risulta attualmente occupata da praterie xeriche (habitat 6220) e arbusteti mediterranei (5330), che si insediano su coltivi abbandonati prevalentemente nel versante orientale; in quello occidentale, invece, risultano maggiormente rappresentati i consorzi tipici degli habitat rupestri (8210) e le comunità dei macereti che occupano le conoidi detritiche sottostanti (8130).

La flora annovera una specie endemica esclusiva, Erysimum brulloi Ferro, insieme a due importanti endemiti eoliani, Cytisus aeolicus Guss. e Silene hicesiae Brullo & Signorello; la prima è piuttosto diffusa, mentre le ultime due sono rappresentate da piccoli popolamenti chiaramente relitti e confinati in stazioni impervie poste sul versante settentrionale dell’isola. Sono presenti anche diverse specie di notevole interesse biogeografico, come Lomelosia cretica (L.) Greuter & Burdet, Ranunculus spicatus Desf. subsp. rupestris (Guss.) Maire, Brassica incana Ten., Rosa micrantha Borrer ex Sm., Succowia balearica (L.) Medik., rare o assenti sulle altre isole dell’arcipelago, mentre risultano segnalate ma non confermate di recente Glandora rosmarinifolia (Ten.) G.C. Thomas e Trifolium mutabile Port. subsp. gussonianum Gibelli & Belli.

L’unica specie di Chirottero nota per l’isola è Pipistrellus kuhlii (Kuhl), mentre la mammalofauna terrestre non differisce da quella del resto dell’arcipelago, tranne che per la presenza di Erinaceus europaeus L., introdotto negli anni Ottanta e ormai ampiamente diffuso. Analoghe considerazioni valgono per l’erpetofauna, con la sola eccezione di una popolazione di Podarcis siculus (Rafinesque-Schmaltz), localizzata nella parte sommitale e in corso di studio, i cui individui mostrano alcuni caratteri tipici dell’endemica P. raffonei (Mertens): se venisse confermata la loro effettiva appartenenza a una forma ibrida tra le due specie, si tratterebbe del secondo caso finora documentato (l’altro è noto per Vulcano). Gli elementi più interessanti dell’avifauna nidificante sono Calonectris diomedea (Scopoli), che si riproduce con 15-20 coppie nel settore sud-orientale della costa, Falco eleonorae Gené, presente con circa 56-60 coppie nelle falesie occidentali (la più importante colonia dell’arcipelago), Falco peregrinus Tunstall e Sylvia undata (Boddaert), anche se questi ultimi risultano piuttosto rari; nel complesso, l’avifauna conta una ventina di specie nidificanti e/o stazionarie, mentre molto più numerose sono quelle che transitano sull’isola durante le migrazioni. Tra le segnalazioni relative a specie accidentali o di passo irregolare nelle isole parasicule, vanno infine menzionate Oenanthe isabellina (Temminck) e Frigilla montifrigilla L. Gli invertebrati sono rappresentati da numerose specie di interesse biogeografico che alle Eolie risultano esclusive di quest’isola, come il coleottero carabide Percus corrugatus (Billberg), il tenebrionide Dichillus subtilis Kraatz e lo stafilinide Scydmaenus antidotus Germar, endemiche regionali; di rilievo la presenza di Oxychilus (Hyalocornea) alicurensis (Benoit), mollusco gasteropode appartenente alla famiglia Zonitidae e considerato alquanto isolato nell’ambito del proprio genere. Insieme a Filicudi, Alicudi rappresenta una delle due uniche stazioni finora note in Italia per Selenops radiatus Latreille, un ragno della famiglia Selenopidae di probabile origine tropicale, che certamente vi è stato introdotto.

Box 1. La violaciocca di Brullo, Erysimum brulloi

 

Le violaciocche a fiore giallo di Alicudi sono state per lungo tempo attribuite ad altre specie presenti in Sicilia o nell’area mediterranea; le indagini condotte da G. Ferro hanno invece rivelato la loro appartenenza a un’entità inedita ed esclusiva dell’isola, descritta nel 2009 con il nome di Erysimum brulloi. Appartenente alla famiglia delle Brassicacee, si tratta di una pianta perenne, legnosa alla base, alta 30-60 cm (in fase di fruttificazione fino a 1 m), con fusti eretti da cui dipartono diversi rami laterali prostrato-ascendenti, densamente fogliosi; le foglie, lunghe da 3 a 10 cm, sono lineari o lineari-oblanceolate e acute all’apice; i fiori si presentano riuniti in racemi e hanno la corolla formata da quattro petali di colore giallo brillante; il frutto è una siliqua a sezione quadrangolare, sottile e allungata (fino a 8 cm), che contiene diversi piccoli semi oblunghi e piatti, di colore marrone chiaro. La fioritura avviene tra maggio e giugno, e i fiori vengono impollinati da numerose specie di coleotteri, imenotteri e ditteri. A differenza delle congeneri presenti in Sicilia, che hanno una distribuzione prevalentemente o esclusivamente montana, la violaciocca di Brullo è diffusa sull’isola a partire da 300 m s.l.m. e in diversi ambienti, risultando più frequente in prossimità di muri in pietra a secco e di emergenze rocciose. Le conoscenze sulla biologia e l’ecologia di questa specie sono alquanto scarne; dal punto di vista morfologico è stata considerata affine a Erysimum metlesicsii, endemica della Sicilia occidentale, ma recenti indagini molecolari suggerirebbero una sua maggiore affinità – almeno sotto il profilo genetico – con alcune specie presenti nell’Appennino centrale.

 

Bibliografia

Ferro G., 2009. Erysimum brulloi (Brassicaceae), a new species from the Aeolian Archipelago (Sicily). Flora Mediterranea, 19: 297-302.

Peccenini S., 2012. The genus Erysimum (Brassicaceae) in Italy, part I. Annalen des Naturhistorischen Museums in Wien, ser. B, 114: 95-128.

Pressioni


Per quanto estesamente antropizzata, almeno alla luce dell’ampiezza del suo paesaggio terrazzato, Alicudi rappresenta uno dei siti più spiccatamente “conservativi” tra le isole maggiori dell’arcipelago e mantiene un buon livello di naturalità anche nei contesti interessati dalla presenza di insediamenti; a questo contribuisce certamente l’assenza di una rete stradale rotabile, di una massiccia urbanizzazione e il fatto che – per assenza di strutture alberghiere – l’affluenza turistica durante la stagione estiva risulti una delle più basse registrate nel comprensorio eoliano. I principali fattori di disturbo cui sono sottoposti habitat e specie risultano pertanto legati ad attività rurali: in primo luogo, la presenza di ovini che vivono allo stato brado nella zona sommitale e nel versante occidentale dell’isola, la cui consistenza – stimata intorno ai 300-500 capi – è comunque sensibilmente diminuita durante gli ultimi anni. Il pascolo incontrollato espone alla minaccia di estinzione le già esigue popolazioni di specie prioritarie in Allegato 2 alla Direttiva 43/92 (Silene hicesiae, Cytisus aeolicus) e quelle di altri elementi floristici di notevole interesse biogeografico e conservazionistico. Alcune aree pianeggianti nella parte sommitale sono inoltre periodicamente interessate da incendi dolosi, fortunatamente poco estesi, la cui origine è finalizzata al contenimento dell’espansione di piante non pabulari quali Pteridium aquilinum (L.) Kuhn nelle zone identificate dai locali come pascoli o di specie legnose a crescita rapida quali Erica arborea L., Spartium junceum L. e Rubus ulmifolus Schott nei sentieri frequentati a scopo venatorio (bracconaggio). Tali pratiche, illegali in quanto effettuate nella zona A della Riserva Naturale Orientata, non sono adeguatamente controllate e represse per l’assenza di una vigilanza regolare sull’area protetta.

Gestione e Conservazione


Alicudi ricade in buona parte (398 ha) nel perimetro della ZPS ITA030044 “Arcipelago delle Eolie – area marina e terrestre” e della ZSC ITA030023 “Isola di Alicudi”, per i quali è stato redatto un Piano di Gestione approvato dall’Assessorato al Territorio e Ambiente della Regione Siciliana con D.D.G. n. 120 dell’08/03/2013. Nell’isola è stata designata una Riserva Naturale Orientata con Decreto Assessoriale n. 484 del 25/07/1997, affidata alla gestione dell’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana; l’area protetta è ripartita in una zona A, con una superficie di 278 ha, e una zona B (pre-riserva) estesa 93 ha. Purtroppo la gestione risente dell’assenza di personale dedicato e di un presidio locale.

Alicudi rappresenta un caso emblematico di contesto insulare profondamente modellato da secoli di trasformazione del territorio a scopo agricolo. In casi come questo la mancata applicazione di strategie di gestione dinamica degli ecosistemi locali può avere effetti contrastanti sul patrimonio biologico locale. In effetti la drastica riduzione della presenza umana sull’isola ha provocato l’abbandono pressoché totale delle pratiche agricole e dei lavori di manutenzione dei terrazzamenti in pietra e secco. Il concomitante insorgere di fattori di disturbo un tempo assenti, quali il sovrappascolo ovino o gli incendi dolosi sempre più frequenti, hanno accelerato in modo allarmante i processi erosivi lungo i versanti più acclivi dell’isola ed hanno portato ad una forte ruderalizzazione della vegetazione su ampie superfici dell’isola. Di contro, un’eventuale cessazione del pascolo potrebbe favorire la creazione di consorzi pre-forestali e forestali piuttosto impoveriti. In un contesto in cui i consorzi forestali sono del tutto scomparsi per lasciare spazio alle colture terrazzate e persino le specie legnose che li caratterizzavano appaiono sporadiche, la ricostituzione del bosco a partire da processi spontanei di successione secondaria risulta fortemente ostacolata e necessiterebbe di interventi mirati. Per annullare o quanto meno mitigare gli effetti dei fattori antagonisti (dinamismo post-colturale e fattori di disturbo antropico) bisognerebbe gestire gli ecosistemi con l’obiettivo di mantenere un mosaico di aree a diverso grado di naturalità, capaci di garantire la sussistenza di habitat idonei per le specie di pregio localmente presenti, caratterizzate spesso da nicchie ed esigenze ecologiche molto diverse. A tale scopo andrebbe pianificata una riduzione del carico da pascolo e monitorata la sua sostenibilità nel medio e lungo periodo.

Bibliografia


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